I mercati emergenti riusciranno a tenere il passo con gli Stati Uniti nel rimbalzo della crescita economica, nonostante gli enormi stimoli fiscali di Biden fossero in grado, secondo molti analisti, di alimentare un gap tra le due parti.

A sostenerlo è una nota a cura di Chris Kushlis, Sovereign Analyst di T. Rowe Price, che cerchiamo di riassumere nelle righe presenti, individuando cinque chiavi interpretative mediante cui valutare un asset class che potrebbe rivelarsi interessante per la prossima fase di mercato.

Il rimbalzo degli emergenti sarà simile a quello USA

Come abbiamo anticipato in apertura di questo approfondimento, nonostante gli stimoli fiscali statunitensi, la ripresa degli emergenti andrà di pari passo con gli USA in termini di rimbalzo della crescita.

In particolare, il FMI prevede un’espansione economica emergente del 6,3% nel 2021 e del 5% nel 2022. Non solo: il recupero potrebbe essere ancora più marcato se l’impatto indiretto degli stimoli USA sui mercati emergenti fosse forte o se i risparmi accumulati durante la crisi venissero spesi più rapidamente del previsto.

Di contro, rischi al ribasso sono quelli che riguardano possibili ritardi nei programmi vaccinali o una crescita limitata in Cina. O, sottolinea l’analista, un inasprimento anticipato delle politiche USA e un aumento dei timori sull’inflazione.

I rialzi dell’inflazione saranno significativi solo nel 2022

L’inflazione core nei mercati emergenti ha subito una flessione strutturale già dal 2015, e l’indice complessivo potrebbe recuperare rapidamente, con quello core che invece seguirà un ritmo più lento.

Ad ogni modo, la nota di T. Rowe Price evidenzia come il rimbalzo dell’inflazione negli emergenti sarà probabilmente contenuto, con la maggior parte delle banche centrali che manterrà la rotta quest’anno, anche se alcuni (come Messico e Indonesia) hanno abbassato i tassi, altri (come Brasile e Russia) li hanno alzati e altri ancora (come Cile e Repubblica Ceca) dovrebbero alzarli nei prossimi mesi.

I rialzi più significativi sono attesi nel 2022.

Consolidamento delle politiche fiscali in anticipo rispetto ai Paesi sviluppati

Per l’analista, i Paesi emergenti sembrano avviarsi verso un consolidamento anticipato rispetto alle economie sviluppate.

In particolare, gli emergenti che hanno un rating maggiore potrebbero usare i bilanci per supportare le proprie economie, mentre quelli che hanno un rating più basso inizieranno a consolidare prima. Tra i Paesi maggiormente oggetto di attenzione ci sono Brasile e Sudafrica, la cui sostenibilità del debito è sta generando qualche timore.

Curve dei rendimenti più ripide con la ripresa

Passando poi a tassi e valute, anche se i rendimenti emergenti sono bassi rispetto ai livelli storici in termini assoluti e reali, rimangono pur sempre attraenti rispetto a quelli statunitensi.

Le valute emergenti hanno avuto prestazioni piuttosto contrastanti dopo il rally di novembre-dicembre 2020, perché la ripresa USA ha temporaneamente sorpassato quella del resto del mondo grazie al progresso sui vaccini e agli stimoli fiscali.

È comunque probabile che i mercati emergenti recuperino almeno in parte questo divario.

Calo del rating inferiore alle attese

Infine, la nota di T. Rowe Price si conclude ricordando che i rating sul credito emergente sono calati rispetto ai livelli pre-pandemia, ma meno delle attese. Inoltre, le emissioni hanno avuto una partenza solida quest’anno e i mercati sembrano essere più propensi a finanziare gli emergenti, anche quelli con i rating più bassi.

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