La riunione OPEC di oggi si preannuncia particolarmente importante per cercare di stabilire il destino del mercato del greggio. Il cartello dei Paesi produttori ed esportatori di petrolio deve infatti scegliere se incrementare o meno l’output nel corso del secondo trimestre del 2021, scommettendo sulla ripresa economica globale e sulla capacità di assorbimento di una extra produzione da parte della domanda, oppure se scegliere di prolungare per almeno un altro mese l’attuale politica conservativa di riduzione dell’output.

In attesa di ciò, da una parte l’ottimismo da quantitative easing, e dall’altra parte la positività circa l’accelerazione della campagna vaccinane negli Stati Uniti, stanno supportando le quotazioni del barile che, a questo punto, potrebbe avere una media di oltre i 70 dollari entro la metà dell’anno.

Ciò premesso, c’è grande incertezza sul da farsi. Il JMMC, il comitato Opec di “indirizzo”, che si riunisce il giorno precedente rispetto al meeting ufficiale, ha concluso la sua seduta senza fornire alcuna indicazione precisa delle policy assunte dall’OPEC, con la conseguenza di alimentare ulteriormente l’aleatorietà sul mercato.

Ma per quali motivi l’OPEC è così “timida” nei confronti di questo scenario evolutivo?

Le cause sembrano essere numerose ma, probabilmente, tutte transitorie. Si pensi all’ondata di freddo che ha colpito gli USA nelle ultime settimane, con i riflessi sulle raffinerie, così come alla rapida evoluzione dei prezzi del carburante nel Paese nordamericano, che sono saliti di quasi un terzo in soli tre mesi. Nella serie storica recente di tali eventi, tutte le volte in cui si è verificata una dinamica simile, si è presto verificato un effetto reverse.

A questo punto, dal lato puramente economico della questione, ci si sposta su quello finanziario, con le grandi banche di investimento che si sono mosse tipicamente long sul greggio, con opzioni call che potrebbero alimentare nuove scommesse rialziste. Il rischio è che le posizioni finanziarie, ponderate principalmente sull’azzardo, siano contrastanti con quelle economiche, supportate da dati macro sul mercato del greggio.

A questo intricato complesso di interessi c’è poi anche un elemento di natura politica: la crescente tendenza agli impieghi green, che mal sembra allinearsi con la necessità di sostenere una corsa all’investimento parallelo nel ramo petrolifero o da combustibili fossili più in generale. Inoltre, considerato che nell’OPEC+ (ovvero, nella versione del cartello “allargata”) ci sono alcuni soggetti che potrebbero aver intenzione a lanciare chiari messaggi alla nuova amministrazione USA guidata da Biden, non è affatto escluso che la riunione possa essere un momento per regolare qualche conto o, per lo meno, inviare segnali molto espliciti.

Insomma, la riunione OPEC di oggi è piuttosto incerta e, forse, non è mai stata così incerta come oggi.

Ricordiamo che l’OPEC+ lo scorso anno aveva tagliato la produzione per 9,7 milioni di barili giornalieri a causa del crollo della domanda determinata dalla pandemia. In tale contesto, poi, alcuni membri come l’Arabia Saudita hanno scelto di realizzare dei tagli volontari per febbraio e marzo, da 1 milione di barili giornalieri. Lecito immaginare che l’Arabia Saudita allenterà tale taglio unilaterale, mentre non è chiaro che cosa faranno gli altri.

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