L’OPEC e i suoi alleati hanno la necessità di trovare un equilibrio tra la necessità di sostenere i prezzi del petrolio e tenere a bada la produzione di greggio statunitense. Un compito non certo semplice, che potrebbe indurre l’OPEC a rimettere mani alle proprie decisioni proprio mentre ha preso il via la graduale attenuazione dei tagli alle forniture. Ricordiamo infatti come il precedente taglio alla produzione dell’OPEC, pari a 9,7 milioni di barili al giorno, è scaduto il 31 luglio, e che dal giorno successivo il taglio è stato ridotto a 7,7 milioni di barili al giorno.

I prezzi del petrolio sono scesi in apertura di settimana proprio a causa delle preoccupazioni per l’eccesso di offerta, considerato anche che la produzione era già aumentata di 1 milione di barili al giorno a luglio, quando i paesi del Golfo avevano posto fine ai loro tagli volontari extra.

Quel che potrebbe accadere nei prossimi mesi è dunque una sorta di ribilanciamento che l’OPEC+ dovrebbe eseguire, nell’arduo tentativo di trovare un equilibrio in un contesto in cui è necessario sostenere i prezzi ma, di contro, “tollerare” la variabile produzione americana.

Certo, rispetto al periodo più “caldo” i prezzi si sono evidentemente ripresi, ma l’attenzione deve rimanere molto alta anche dall’altra parte della direzionalità, perché se i prezzi superassero i 45 o i 50 dollari al barile proprio a causa dei tagli di produzione, questo potrebbe indurre i produttori indipendenti a stelle e strisce a riaccelerare il ritmo di propria produzione.

Insomma, siamo davanti a un tentativo precario e fragile di trovare un equilibrio di mercato, e con la grave incertezza che incombe sullo scenario economico globale, con incognite su quanto velocemente l’economia possa riprendersi, non si può che navigare a vista, o quasi.

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