Tra i mercati più turbolenti degli ultimi decenni, l’Argentina continua a proporre agli occhi degli investitori una serie di opportunità da gestire con particolare consapevolezza.
Ma quali sono le previsioni sul Paese per il 2020? Conviene prendere posizione su questo mercato emergente? O è meglio tenersi alla larga?
Un continuo cambio di rotta
L’esito delle elezioni del 2015 aveva offerto agli investitori la possibilità di poter cavalcare una nuova prospettiva per il Paese, più aperta e favorevole al mercato. La scommessa sull’ex sindaco della capitale, Mauricio Macri, sembrava insomma aprire un nuovo scenario internazionale dinanzi all’Argentina… fermamente smentito, però, nel 2019.
Le elezioni dello scorso anno hanno infatti costituito un nuovo cambio di rotta da parte dell’elettorato, che ha bocciato il governo di Macri e l’aver fallito nel tentativo di cogliere i propri obiettivi. E così, dopo quattro anni da quelle elezioni, l’Argentina si è risvegliata con un’inflazione più alta, un’economia ridimensionata, un debito ancora accresciuto e una valuta indebolita.
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Investire nei bond argentini
Le primarie della scorsa estate, anticipatorie delle elezioni di ottobre, hanno determinato un deciso calo dei prezzi delle obbligazioni.
Da quel momento in poi, però, i prezzi dei bond argentini si sono gradualmente ripresi, considerati gli sviluppi in atto. E ora?
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Opportunità per chi investe in Argentina
L’ampia volatilità in atto sul Paese può evidentemente aprire i margini per grandi opportunità per chi investe sull’Argentina.
È probabile, sostengono diversi dossier, che il “nuovo prezzo” dei bond sarà fortemente influenzato dall’esito di una condivisione tra Governo, FMI e obbligazionisti, con il primo dei tre che dovrà cercare di fornire la giusta priorità alle spese necessarie per il fabbisogno della classe meno abbiente, che ha sostenuto proprio l’attuale esecutivo.
Dal canto suo, il FMI avrà come obiettivo quello di assicurarsi che il finanziamento da 41 miliardi di dollari di cui l’Argentina gode dal 2018, sia ripagato tempestivamente (e, in ogni caso, prima che i creditori siano tentati dallo sfilarsi nel supportare il Paese). Infine, gli obbligazionisti sosterranno che l’Argentina è un Paese del quale ci si può fidare, e che il debito sia gestibile.
In questo contesto, risulterà di particolare interesse cercare di capire quali saranno le mosse del governo.
La priorità sarà probabilmente assegnata alla gestione degli oneri sul debito, piuttosto che sull’ammontare del debito stesso. Il debito pubblico argentino è infatti il 55% del Pil, e non è ancora su livelli di guardia. Semmai, a costituire un problema è il fatto che cedole e ammortamenti sul debito nei prossimi quattro anni rappresenteranno in media l’8% del Pil.
Ecco perché, con molte probabilità, un aggiustamento di natura fiscale sarà inevitabile, coinvolgendo il FMI o altre fonti di finanziamento. Contemporaneamente, si cercherà anche di respingere ogni ipotesi di ulteriore austerity. Un mix di attività non certo semplice, che lascia aperti diversi margini di aleatorietà nelle mosse degli investitori.
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