Nuovo default sempre più probabile in Argentina. Per il paese sudamericano, alle prese da tempo con l’implementazione di un diffilcile piano di rilancio dopo decenni di finanza allegra e iper-inflazione, quella di ieri è stata una giornata di girone infernale. Se questa mattina gli investitori parlano tranquillamente di un possibile nuovo default in Argentina è perchè i numeri di ieri non sembrano suggerire altre destino per le finanze di Buenos Aires. 

Quanto avvenuto ieri, infatti, è molto significativo. In pochissime ore il peso argentino è crollato sul Forex, la banca centrale del paese sudamericano è intervenuta per arginare il panico e ha portato i tassi di interesse ad un livello da guinnes dei primati e, per finire, la borsa argentina si è praticamente sgretolata con scene di panico che non si vedevano da anni (ma comunque non nuove per la concezione di economia che hanno molti paesi del sudamerica). E’ ovvio che dinanzi ad un quadro simile ipotizzare un possibile nuovo default argentino diventa quasi il minimo. 

Scendendo nel dettaglio dei numeri del lunedì nero dell’Argentina, fa quasi impressione sapere che la banca centrale di Buenos Aires per cercare di resistere al crollo del peso argentino sul Forex, ha alzato i tassi di interesse al livello record del 74 per cento. Ovviamente l’intervento della banca centrale ha solo limitato il tracollo del peso. 

A pagare per il ritorno dello spettro default in Argentina è stata anche la borsa del paese sudamericano. Ieri l’indice di riferimento ha perso ben il 37 per cento. Tale valore sale al 48 per cento se si considera il dato espresso in dollari. Insomma dal forex alla borsa, per l’Argentina è buio totale anche perchè, solitamente, queste situazioni non fanno altro che innescare tensioni sociali molto forti che trovano il loro terreno fertile in quella che è la stessa costituzione della società del paese dell’america latina da sempre caratterizzato da molte disuguaglianze.

Ma perchè il pesos argentino è crollato e con esso anche la borsa del paese? Per dare una risposta a queste domande bisogna anzittutto considerare un aspetto che poi da il senso a tutto L’Argentina, appena un anno fa, aveva ottenuto un prestito dal Fondo Monetario internazionale. Non due soldi ma ben 56 miliardi di dollari di prestiti. 

Ieri il presidente argentino Mauricio Macri ha incassato una pesante sconfitta alle elezioni primarie, appuntamento molto importante in vista delle elezioni politiche di ottobre. Macri, esponente liberale che per quel prestito ha garantito, è stato sonoramente sconfitto dal candidato peronista di centrosinistra ed ex primo ministro, Alberto Fernandez. Il divario tra i due è stato di ben il 15 per cento. Oggettivamente si tratta di una distanza impressionante che non potrà essere colmata in vista del voto del 27 ottobre prossimo. In poche parole c’è il serio rischio che l’epoca Macri finisca e che si ritorni al peronimo (Fernandez non è una novità della politica di Buenos Aires ma è l’ex capo di gabinetto nei governi degli ex presidenti Nestor Kirchner e Cristina Kirchner. Questo scenario non piace agli investitori. 

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