Stando a una nota diramata da Ashmore, il presidente Recep Tayyip Erdogan starebbe rischiando di spingere l’economia turca verso un crollo economico simile a quello sperimentato in America Latina sotto i regimi populisti.
Sebbene sia più diversificata rispetto all’economia venezuelana (sostanzialmente dipendente dal petrolio), la Turchia è però impegnata in un percorso molto simile di passi falsi che potrebbero portare alla sua rovina – specifica il gestore patrimoniale, specializzato sui mercati emergenti.
Dal controllo dei capitali alla nazionalizzazione di molti settori, Ashmore ritiene per voce del suo responsabile studi e ricerche Jan Dehn che la Turchia sia introdotta in una strada che potrebbe portare al suo fallimento. La soluzione? Sarebbe quella di invertire la rotta: una decisione sicuramente gravosa, che avrebbe costi iniziali molto elevati, ma che se ritardata potrebbe determinare ancora più oneri. Ed è proprio per questo il motivo, secondo Dehn, per cui i politici che seguono la strada eterodossa raramente cambiano rotta, e finiscono quasi sempre in crisi.
Ashmore rammenta che i funzionari turchi hanno ripetutamente negato qualsiasi piano per imporre controlli sui capitali e hanno precisato che si sarebbero attenuti ai principi del libero mercato. Erdogan ha detto però che c’è bisogno di una “revisione completa” della Banca Centrale del Paese, accusando Cetinkaya di mancata e inefficiente comunicazione con i mercati e di incapacità di ispirare fiducia.
Per la società di gestione patrimoniale, dunque, invece di “curare” le cause del problema economico di fondo, il governo starebbe scegliendo di percorrere la pericolosa strada di attaccare i sintomi dello stesso, come l’inflazione, la crescita economica sempre più lenta, la moneta più debole e gli investimenti in rallentamento. I problemi reali nel frattempo vengono ignorati e peggiorano, come quelli legati alle insoddisfacenti politiche monetarie, a un crescente interventismo, all’incapacità di sviluppare i mercati finanziari locali, e così via.
Con il peggioramento delle prospettive economiche, gli investitori e le imprese cominciano ad agire per difendere la loro ricchezza: un comportamento che si traduce nella fuga dei capitali, nel calo degli investimenti e in altre strategie di copertura. Il governo sta intanto iniziando ad incolpare il settore privato per le sue cattive prestazioni, intervenendo per prevenire le loro azioni difensive con controlli sui capitali, nazionalizzazioni, conversione forzata dei contratti, e non solo. Con che futuro?
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