Per il momento il 2019 si è rivelato un anno particolarmente interessante per i mercati emergenti. A sostenerlo è una nota di Anisha Goodly, Emerging Markets Portfolio Specialist, TCW, secondo cui i primi tre mesi hanno costituito il miglior primo trimestre di sempre per l’indice EMBI Global Diversified,

Ma qual è l’attuale scenario dei mercati emergenti? E che cosa potrebbe accadere nel prossimo futuro?

Cerchiamo di cogliere l’opportunità dell’interessante valutazione condotta da Goodly per estrapolare alcuni aspetti di considerazione da non sottovalutare.

L’attuale contesto

L’analista ci ricorda che i mercati emergenti sono una parte importante e in crescita dell’economia mondiale, tanto da costituire quasi il 60% del Pil e quasi il 70% della crescita nel 2019 a livello globale. Lo spread tra i tassi di interesse reali sul debito dei Paesi Emergenti e quello dei Paesi Sviluppati è vicino al margine superiore del range riscontrato negli ultimi tempi, e la svolta della Federal Reserve nel mese di gennaio ha cancellato la pressione sulle banche centrali emergenti ad alzare i tassi.

Sul fronte dell’inflazione, i mercati emergenti sono vicini ai minimi più recenti, ed è attualmente poco probabile un ulteriore ribasso o un improvviso rialzo. Inoltre, afferma l’osservatore, in assenza di uno scenario ‘no deal’ nella disputa commerciale USA-Cina, il differenziale tra la crescita dei Mercati Emergenti e Sviluppati dovrebbe ampliarsi marginalmente nel 2019.

Quale sarà l’impatto della guerra commerciale USA-Cina

L’analista sottolinea come nell’ipotesi di una guerra commerciale prolungata, quale quella che si sta prefigurando tra gli Stati Uniti e la Cina, ci sono alcuni chiari ‘perdenti’ come Taiwan, Corea e Giappone, che sono integrati fortemente nelle supply chain globali. Di contro, potrebbero rappresentare dei veri e propri vincitori Vietnam, Cambogia e Laos, che si avvantaggerebbero dello spostamento di capacità produttiva al di fuori della Cina.

Per certi versi, lo stesso potrebbe capitare a Brasile e Argentina, che potrebbero costituire valide fonti alternative agli Stati Uniti per le importazioni agricole della Cina, mentre il Messico – ammesso che non venga colpito dai nuovi dazi di Trump – potrebbe beneficiare dello spostamento dei commerci, soprattutto nei prodotti a basso valore aggiunto.

Naturalmente, è anche vero che entrambe le parti hanno degli strumenti da “attivare” per poter arginare gli effetti negativi di questi orientamenti tariffari. Per esempio, negli ultimi sei mesi la Cina ha introdotto una serie di misure di stimolo fiscale e monetario, per un valore pari all’1,5%-1,75% del Pil, i cui effetti positivi non si sono fatti attendere. Nell’ipotesi in cui le trattative commerciali siano destinate a diventare prolungate, la Cina potrebbe optare per un aumento delle misure di easing, puntando ad una crescita più elevata del credito nel complesso e incrementando lo stimolo fiscale potenzialmente di un valore fino a 50 punti base di Pil. Tra le varie “leve” che le autorità cinesi potrebbero muovere, c’è anche l’aumento della spesa pubblica in infrastrutture.

Buone valutazioni per il debito dei mercati emergenti

Come correttamente sottolineava Goodly nella parte finale dei propri approfondimenti, non ci sono solamente i buoni fondamentali ad incoraggiare l’interesse degli investitori per l’asset class del debito degli emergenti, quanto anche delle valutazioni che possono aiutare a controbilanciare i rischi. In particolare, il % dell’obbligazionario globale offre rendimenti del 2% o inferiori e vi sono più di 10.000 miliardi di dollari di debito governativo con rendimenti negativi: in tale scenario, non sfugge il fatto che sempre più investitori istituzionali stanno pianificando allocazioni tattiche ai Mercati Emergenti.

E sul Forex?

Per quanto infine concerne il Forex, e dunque le valute locali emergenti, nel breve periodo la prestazione continuerà ad essere spinta dalle notizie legate al commercio. Il dollaro USA per il momento sembra aver resistito piuttosto bene, ma in ultima analisi dovrà indebolirsi, schiacciato dal rallentamento della crescita economica USA e dell’aumento dei deficit. Nel caso in cui la Cina riuscisse a stabilizzarsi, poi ci sarebbe anche spazio per un recupero dell’Europa, che potrebbe spianare la strada per un rafforzamento delle valute dei mercati emergenti rispetto al dollaro.

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