In una nota denominata “Cina e l’effetto giroscopico” Matteo Ramenghi Chief Investment Officer UBS WM Italy, ha fatto il punto sullo stato di salute dell’economia cinese e sulle attese degli investitori per il prossimo futuro, sottolineando come il Pil del Paese asiatico stia continuando a crescere, sebbene a un ritmo più ridotto, e che “l’elevato indebitamento delle imprese non rappresenta un rischio nell’immediato, ma si tratta di un elemento di attenzione per il futuro”.

Ramenghi evidenzia poi come i listini azionari cinesi abbiano condotto un buon recupero da inizio anno, con il CSI 300, che rappresenta i mercati di Shanghai e Shenzhen, che ha portato a casa una prestazione di oltre il 40% anche grazie alle aspettative di una intesa commerciale con gli Stati Uniti. Il quadro economico risulta essere nel complesso positivo, ma a lungo termine ci sono alcune aree di rischio.

Nella sua nota, l’analista condivide dunque che:

  • la decelerazione dell’economia che si è manifestata in Europa è arrivata in misura minore anche in Cina, con minore domanda estera e flessione degli investimenti. All’inizio dell’anno si è però assistita a un’inversione di tendenza, con il tasso di crescita che è tornato sopra il 6%, spinto dalle infrastrutture e dalle costruzioni, mentre gli impieghi nel manifatturiero sono rimasti deboli rispetto al recente passato;
  • la domanda estera rimane debole, e l’export è calato del 5% anche a causa della scia delle decisioni sui dazi americani;
  • il Paese sta reagendo alle fasi di decelerazione economica con politiche monetarie e fiscali particolarmente intense, caratterizzate da piani di espansione monetaria quasi continui, nuovi tagli alle imposte sulle imprese, target di crescita per gli impieghi alle piccole imprese del 30%;
  • sebbene le misure di cui sopra abbiano degli effetti sicuramente positivi, il rovescio della medaglia è rappresentato dal fatto che l’indebitamento delle aziende cinesi, incluse quelle controllate dallo Stato, è salito a livelli “occidentali” e ben superiori alla gran parte dei Paesi emergenti. Una tendenza che peraltro non sembra volersi arrestare.

Chiarito ciò, Ramenghi conclude che fino a quando la crescita economica cinese rimarrà su livelli robusti, l’elevato indebitamento delle imprese non si trasformerà in un problema per il settore bancario.

I problemi potrebbero però sorgere nel momento in cui la crescita cinese dovesse diminuire bruscamente: a quel punto la situazione potrebbe diventare particolarmente complicata per gli istituti di credito e, forse, spingere il governo e la banca centrale a svalutare il renminbi. Non si tratta di un rischio per quest’anno, considerato che nel breve termine prevalgono gli aspetti positivi, ma è comunque bene tenerlo presente per il futuro.

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