Sul finire del mese di luglio il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha aperto alla possibilità di incontrare il Primo ministro iraniano Rouhani. Un’apertura tiepida, che tuttavia è avvenuta proprio mentre le tensioni tra i due Paesi non accennano a smettere di intensificarsi, rendendo particolarmente complicato lo scenario delle prossime settimane.

Peraltro, a conferma della possibile riapertura di un dialogo, il Segretario di Stato ha poi chiarito che “se gli iraniani dimostreranno un impegno a porre in essere dei cambiamenti fondamentali “, il Presidente potrebbe sedersi allo stesso tavolo con loro. Rimane però da vedere se effettivamente l’Iran avrà tutta questa voglia a scendere a compromessi, in un momento in cui lo stesso Rouhani è posto dinanzi a aspre critiche interne, dopo il fallimento dell’accordo nucleare. È possibile che la pressione esercitata dai funzionari lo spingerà a rifiutare i colloqui diretti con gli Stati Uniti.

Detto ciò, il 6 agosto diventa una prima data importante in un calendario di sviluppo che potrebbe portare a conseguenze non irrilevanti nel comparto petrolifero. Lunedì scattano infatti le prime sanzioni statunitensi contro l’Iran, cui seguiranno – salvo novità – le seconde sanzioni, a colpire il settore energetico iraniano, con introduzione dal 6 novembre.

Nelle prossime settimane, l’amministrazione Trump annuncerà probabilmente i dettagli sull’attuazione delle nuove misure, e sulla desiderata riduzione delle esportazioni iraniane. Di sicuro, i flussi di petrolio greggio saranno colpiti e ovviamente i prezzi reagiranno di conseguenza. Tuttavia, riteniamo che l’impatto sul mercato finale dipenderà proprio dalle modalità di attuazione delle sanzioni.

Se lo scenario che dovesse profilarsi sarà il più probabile, ovvero quello di una riduzione del 20% delle importazioni di petrolio greggio iraniano da parte dei clienti occidentali e orientali, l’effetto sul mercato potrebbe essere intorno a 0,4 milioni di barili giornalieri. Nello scenario più aggressivo (che è quello che almeno a parole dovrebbe essere il preferito dall’amministrazione Trump) dovrebbe invece prevedersi la completa cessazione delle importazioni di petrolio greggio iraniano da clienti europei e asiatici, con conseguente calo di circa 1,5 Mb / g.

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