Nella giornata di oggi i mercati hanno mostrato un andamento misto, con i principali indici europei per lo più in crescita. Per quanto riguarda i mercati asiatici, l’indice Hang Seng di Hong Kong risulta anch’esso in positivo, ma gli altri sono tutti scesi in risposta all’aumento del rischio escalation in MedioOriente.
Rischio escalation Israele – Iran e conseguenze sui mercati
Le prime conseguenze dell’attacco dell’Iran contro Israele si sono viste sui prezzi del petrolio, che hanno registrato un rialzo immediato dopo il lancio dei missili verso le basi e altri obiettivi strategici in Israele, tra cui il quartier generale del Mossad.
L’aumento del prezzo del petrolio è legato al probabile calo dell’offerta legato anche al rischio che alcune raffinerie vengano colpite da Israele – Usa quando arriverà la risposta promessa a Teheran. Si tratta di una notizia che ha oscurato un rapporto positivo che mostrava un aumento inatteso delle offerte di lavoro negli Stati Uniti ad agosto, segno della continua resilienza del mercato del lavoro americano.
Il DAX tedesco è aumentato dello 0,1% a 19.232,74 punti, mentre il FTSE 100 di Londra ha guadagnato lo 0,4% a 8.311,82 punti. A Parigi, il CAC 40 è salito dello 0,5% a 7.611,12 punti. I futures dell’S&P 500 sono scesi dello 0,1%, mentre quelli del Dow Jones Industrial Average hanno perso lo 0,2%.
Il Nikkei 225 di Tokyo ha perso il 2,2% a 37.808,76 punti. L’indice è arretrato da quando il Partito Liberal Democratico al governo ha scelto Shigeru Ishiba come nuovo leader del governo, in sostituzione di Fumio Kishida, che si è dimesso martedì. Bisogna considerare che l’aumento dei prezzi dell’energia in Giappone, che dipende fortemente dalle importazioni di petrolio, gas e carbone per alimentare le sue industrie, renderà più difficile il compito dell’esecutivo di rilanciare l’economia del Paese.
L’indice Hang Seng di Hong Kong ha registrato un picco di crescita del 6,2% a 22.443,73 punti, cavalcando un’ondata di entusiasmo degli investitori per le recenti mosse di Pechino volte a rilanciare l’economia cinese con politiche mirate a risollevare il settore immobiliare in difficoltà e a sostenere i mercati finanziari.
L’indice di Hong Kong raggiunge il livello più alto dall’inizio del 2023.
I recenti sviluppi in MedioOriente hanno innescato movimenti contrastanti nei mercati di tutto il mondo. Osserviamo anche un calo dell’indice S&P/ASX 200 dell’Australia che ha perso lo 0,1% a 8.198,20 punti, mentre il Kospi di Seul ha perso l’1,2% a 2.561,69 punti.
Nella giornata di ieri, le azioni statunitensi sono scese dai loro massimi, con l’S&P 500 che ha perso lo 0,9%, il Dow è sceso dello 0,4% e il Nasdaq Composite ha perso l’1,5%.
Come accennato, vi sono timori fondati per quel che riguarda l’offerta di petrolio, e sono legati non tanto al rischio che vengano colpite raffinerie in Israele, quanto alle conseguenze della risposta che Israele sta organizzando insieme agli Stati Uniti.
Un’escalation potrebbe anche avere conseguenze più o meno dirette su altri Paesi vicini produttori di greggio, e nel frattempo il prezzo di un barile di greggio statunitense è salito fino al 5% martedì, per poi chiudere in rialzo del 2,4%. Il Brent, lo standard internazionale, ha guadagnato il 2,6%. Nelle prime ore di mercoledì, il greggio statunitense è aumentato di 1,51 dollari a 71,34 dollari al barile. Il Brent è salito di 1,45 dollari a 75,01 dollari al barile.
Contestualmente rileviamo un aumento dell’indice S&P 500, che nella giornata di lunedì ha toccato il suo 43° record del 2024, sulla scia delle attese positive circa l’andamento dell’economia statunitense, alimentate anche dalla decisione della Federal Reserve di adottare una politica meno restrittiva, tagliando i tassi di interesse per spingere la crescita.
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