Come previsto, il Comitato permanente del Congresso Nazionale del Popolo Cinese ha approvato la legge sulla privacy che entrerà in vigore solo il 1° novembre, ma i cui effetti sui listini di Borsa si sono fatti immediatamente sentire, abbattendosi negativamente sulle big tech nazionali, le società più esposte alla stretta sul controllo dei dati personali dei cittadini.

A dimostrazione di ciò, sia sufficiente considerare come alcune delle grandi protagoniste dei listini, come Tencent, Alibaba e Nio, in una settimana hanno perso circa il 9%. E non occorre certo essere creativi per comprendere che la motivazione è da ricercarsi nella serie di leggi poste a tutela della sicurezza dei dati che si sta abbattendo sulle aziende, e soprattutto su quelle tecnologicamente più avanzate.

A questo sopra si aggiunga anche il regolamento della Cybersecurity authority of China (CAC), che dal 1° ottobre impone agli operatori che raccolgono ed elaborano i dati dei veicoli in Cina di sottoporsi a valutazioni di sicurezza se forniscono queste informazioni all’estero per esigenze commerciali. E, in ordine, anche all’imminente entrata in vigore della legge sulla protezione dei flussi di dati in uscita dal Paese che finirà con il rendere ancora più complicate le cose.

Il nuovo quadro ha avuto come conseguenza quella di rendere un po’ più sfiduciati gli investitori nei titoli cinesi, con l’indice Golden Dragon del Nasdaq che ha di fatti perso l’8% in una settimana e che in sei mesi ha dimezzato il valore. Un’altra spia di quanto sta accadendo è il deflusso dagli investimenti azionari cinesi, che pur marginale (- 78 milioni di dollari rispetto ai 3,8 miliardi di capitali raccolti solo quest’anno) è un segnale da non sottovalutare…

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