Ha preso il via la riunione annuale di politica economica della Cina, una conferenza di riferimento che disciplina la politica economica del Paese, e che si concluderà giovedì, contemporaneamente alla prosecuzione delle negoziazioni con gli Stati Uniti, finalizzate ad arginare il rischio di nuovi dazi con decorrenza 15 dicembre.

Ricordiamo che l’obiettivo di questo incontro annuale è evidentemente quello di stabilire le priorità per la politica economica per il prossimo anno e fissare gli obiettivi per la crescita del prodotto interno lordo, per il deficit fiscale e per l’inflazione. I dettagli non saranno comunque resi noti fino alle riunioni legislative di marzo.

I funzionari cinesi si trovano oggi ad affrontare una dura combinazione, tra il rallentamento della crescita economica e l’aumento dell’inflazione, condotta dall’impennata dei prezzi della carne di maiale, e gli attriti commerciali con gli Stati Uniti, che potrebbero peggiorare se entro il 15 dicembre non verranno effettuati passi in avanti tali da “convincere” il presidente degli Stati Uniti Donald Trump a tornare indietro sui suoi passi.

I responsabili di politica monetaria hanno cercato di trovare un equilibrio tra il sostegno all’economia e la necessità di evitare al tempo stesso un’abbuffata di stimoli che peggiorerebbe i rischi del debito. Ricordiamo che appena venerdì scorso i leader cinesi hanno promesso di evitare rischi finanziari sistemici nel 2020, avvertendo che le sfide nazionali e internazionali sono accresciute in maniera significativa.

L’economia cinese è cresciuta del 6% nel terzo trimestre, per il tasso più lento degli ultimi decenni. L’inflazione ha accelerato fino ad un massimo di sette anni nel mese di novembre, mentre i prezzi alla produzione hanno esteso la loro corsa al ribasso. Le esportazioni sono diminuite inaspettatamente a novembre, in un noto contesto di domanda globale debole, anche se un aumento delle importazioni potrebbe essere un’ulteriore prova di una stabilizzazione dell’economia interna.

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