L’attrice cinese Yang Mi ha annunciato l’intenzione di porre fine alla propria collaborazione con il brand Versace dopo la polemica scoppiata online sulle controverse affermazioni legate ad una maglietta del noto marchio, che ha inserito Hong Kong e Macao tra le nazioni, piuttosto che tra le città: entrambe sono riconosciute da Pechino come regioni amministrative speciali.

Yang ha dichiarato che così facendo Versace ha danneggiato l’integrità sovrana e territoriale della Cina. Dal canto suo Versace ha ammesso l’errore e ha rimosso la maglietta. Tuttavia, pare che il “danno” sia già stato fatto, e che quella che è considerata una sorta di “ambasciatrice” cinese del marchio, sia fermamente intenzionata a cessare ogni relazione.

La t-shirt di Versace è solo l’ultima di una serie di passi falsi che le aziende straniere hanno compiuto in Cina. Basti ricordare quanto accaduto lo scorso anno, con il video pubblicitario di Dolce & Gabbana che mostrava una modella cinese in difficoltà nel mangiare spaghetti e pizza con le bacchette. O, ancora, al comportamento di Leica, che ha preso rapidamente le distanze da un video promozionale che ha provocato una dura reazione contro l’azienda, per aver diffuso immagini sulle proteste pro-democrazia di Piazza Tienanmen del 1989.

Naturalmente, a giocare un ruolo sfavorevole per Versace è anche la tempistica. La polemica intorno alla maglietta è infatti esplosa anche perché le sensibilità intorno alla Cina e ad Hong Kong si è intensificata negli ultimi due mesi dopo che sono sorte numerose proteste anti-Pechino nella città ex colonia britannica.

Ma basterà il passo indietro di Versace? Nel dubbio, l’azienda ha affermato di aver compiuto un errore, di aver tolto le t-shirt dai suoi scaffali il 24 luglio scorso e di averle distrutte, bollando il proprio comportamento come negligente, e pronunciandosi profondamente dispiaciuta per l’impatto causato.

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