L’aumento della leva finanziaria globale, vista nel biennio 2008/2009, ha reso il sistema economico globale meno resiliente agli shock legati a redditi o tassi.

Stando a quanto suggerisce un report Lombard Odier IM, sulla base delle statistiche elaborate dalla Banca dei Regolamenti Internazionali, il debito nei settori non finanziari è cresciuto di 71 mila miliardi di dollari nel primo trimestre del 2007, trainato da una crescita del debito privato e del debito pubblico. Nello stesso periodo, il rapporto tra debito e PIL è cresciuto quasi al 250%, in aumento dal 210%.

Ora, per gli analisti, sebbene l’incremento complessivo sia importante, le misure aggregate rischiano di nascondere ciò che avviene a livello territoriale. Alcuni Paesi come la Cina, infatti, hanno notevolmente aumentato la leva finanziaria, mentre altri Paesi come la Germania l’hanno ridotta. Peraltro, proprio prendendo come riferimento la Cina, un’altra dose di stimolo – che ancora una volta userà il canale dell’allenamento del credito – potrebbe attirare l’attenzione sul già rilevante peso debitorio dell’economia.

LOIM sottolinea come molti investitori temono che questa elevata leva finanziaria possa essere una delle cause della prossima crisi globale. Tuttavia, la visione di LOIM è più complessa, ritenendo che maggiori livelli di indebitamento possano rendere l’economia vulnerabile agli shock e che questo, a sua volta, amplifichi l’impatto degli shock sull’economia.

Insomma, è ben probabile che gli investitori faranno particolare attenzione a eventuali aumenti dei tassi di interesse, considerato che più debito – soprattutto a livello privato – significa che l’economia potrebbe diventare più sensibile ai cambiamenti del costo del debito.

Una valutazione importante per la policy monetaria, considerato che una maggiore leva finanziaria riduce il tasso neutro, ovvero il tasso a cui si pensa che l’economia sia in uno stato di equilibrio tra domanda e offerta, con inflazione stabile.

LOIM rammenta però che un aumento dei tassi non sia necessariamente destabilizzante, perché se gli incrementi sono graduali, gli operatori economici andranno ad adeguare la spesa con minori spese discrezionali nelle famiglie e minori investimenti nelle imprese.

Il “vero” rischio è semmai un aumento improvviso dei tassi di interesse, o comunque più rapido delle aspettative di mercato. Proprio perché le banche centrali dei Paesi molto indebitati sono consapevoli di ciò, è possibile che eviteranno di normalizzare la politica monetaria troppo velocemente.

Infine, sottolinea la nota di LOIM, gli investitori che sono preoccupati per gli alti livelli di indebitamento spesso dimenticano il rischio di un declino dei redditi, potenzialmente più nocivo. Di fatti, una contrazione del reddito può influenzare negativamente la capacità di onorare il debito da parte di chi ha molti debiti, con rischio di default.

Un simile scenario richiederebbe però uno shock negativo “esterno”, che a sua volta può arrivare sotto diverse forme. Rimanendo sul caso cinese, una perdita di ricavi per gli esportatori a causa del peggioramento della guerra commerciale è una delle ipotesi.

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