La Cina è stata e continua ad essere un difficile mercato da capire, politicamente ed economicamente. Sebbene mantenga le caratteristiche di un’economia capitalista, è altamente centralizzata ed è ancora vicina al comando dello stile economico del vecchio sistema sovietico ortodontico e ortottico. Politicamente la nazione è governata da una classe dirigente dedicata soprattutto a mantenere la sua stretta sul Paese, con poca opposizione o dissenso. Non quello che potremmo definire un probabile candidato per la seconda economia più grande del mondo.
Analizzare le finanze e l’economia di una tale entità richiede strumenti e approcci diversi dall’utilizzo da quelli familiari che vengono fruiti nelle nostre Borse, ovvero mercati in cui i cittadini e i leader dovrebbero partecipare liberamente per poter perseguire quelli che considerano i loro migliori interessi politici, finanziari ed economici, comportandosi secondo schemi che siamo in grado di riconoscere e prevedere con relativa certezza. Non così quando il comportamento politico, finanziario ed economico viene manipolato per servire in primo luogo il partito di governo, con l’economia che viene “distorta” e con gli indicatori che sono spesso accusati di essere truccati per rendere la performance dell’élite dominante “migliore” (in un contesto capitalista) di quanto non sia.
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Due degli esempi più importanti di questo problema riguardano il sistema finanziario del Paese e lo sviluppo delle infrastrutture che lo stesso Paese persegue. Lo sviluppo delle infrastrutture in Cina è miracoloso. Nella memoria vivente, la nazione è progredita da uno Stato in cui tutti i suoi cittadini si limitavano a sussistere in una dieta povera, indossando abiti spesso simili e cavalcando identiche biciclette nere a un Paese con l’aspetto esteriore di un’economia prospera e altamente sviluppata. Alcune delle infrastrutture più avanzate del mondo ora si trovano proprio (esclusivamente) solo in Cina. L’unica linea maglev al mondo che trasporta persone passa da Shanghai al suo aeroporto. Non solo. Il Paese ha più linee di treno ad alta velocità del Giappone.
Tuttavia, mentre il presidente Xi rimuoveva i limiti del termine imposti dal successore di Mao e dal riformatore economico Deng Xiao Peng e si installava come “timoniere” a vita della nazione, la patina del successo del miracolo economico cinese veniva messa in discussione. Nonostante la determinazione di Xi di invertire il tradizionale spauracchio della Cina, la corruzione, sembra che le debolezze delle regole del partito stiano iniziando a essere messe in rilievo.
Il sistema bancario che dal 1949 ha servito prima di tutto gli interessi del partito non può sopportare il carico del suo portafoglio di prestiti non performing, determinato in gran parte in imprese statali inefficienti e corrotte. La vasta sovrapproduzione di abitazioni create dal partito, favorito da contratti e finanziamenti, sta appesantendo l’economia. Le recenti statistiche economiche stanno iniziando a rivelare un significativo rallentamento della crescita macroeconomica richiesta dalla mera crescita naturale e organica di un’enorme popolazione con aspettative sempre crescenti di ulteriore prosperità. Che succederà?
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