Proprio quando sembrava che il contesto di guerra commerciale potesse vivere un momento di stabilità, il presidente Donald Trump ha scelto di irrompere con decisione sul settore, aumentando le tariffe sulle merci cinesi in modo notevole e contribuendo così lo spettro che la Cina potrebbe contrattaccare nella stessa maniera, con un’azione evidentemente controproducente per le aziende americane che fanno affari nella nazione asiatica (in merito, è il settore tecnologico quello maggiormente vulnerabile).

Ricordiamo che ieri gli Stati Uniti hanno annunciato l’imposizione di una tariffa del 10% su 200 miliardi di dollari di prodotti cinesi, dal cibo all’elettronica, entro il 30 agosto. Questa mossa così imponente va peraltro ad aggiungersi ai 50 miliardi di dollari di dazi già annunciati, e che potrebbero aumentare i prezzi fino al 50% di tutto ciò che gli Stati Uniti acquistano dalla Cina. Il presidente Xi Jinping, dal canto suo, ha promesso di contrattaccare con la stessa moneta.

Anche se è vero che le importazioni cinesi dagli Stati Uniti non sono abbastanza importanti da eguagliare negli effetti quelle statunitensi, è anche vero che il Paese asiatico ha altre leve che potrebbe usare, come ad esempio l’imposizione di nuove tasse e l’applicazione di un regolamento aggiunto sulle società statunitensi, così come il rallentamento dell’approvazione degli accordi o l’incoraggiamento ai cittadini di boicottare i prodotti americani. In merito, sia sufficiente considerare come il solo colosso di chip Qualcomm è ancora in attesa di approvazione definitiva dalla Cina per l’acquisizione di oltre 40 miliardi di dollari di NXP Semiconductors NV.

Per Deutsche Bank, la combinazione delle entrate delle imprese statunitensi in Cina con le esportazioni nel Paese, offre agli Stati Uniti un surplus commerciale di 20 miliardi di dollari. Stando alle affermazioni di Bloomberg, le aziende con sede negli Stati Uniti che hanno una rilevante percentuale di vendite in Cina sono dominate da produttori di chip e altri fornitori di elettronica. Monolithic Power Systems Inc., un produttore di componenti con sede a San Jose, in California, è in cima alla lista con circa il 60% delle sue entrate provenienti dal mercato cinese, mentre Apple Inc., Nvidia Corp. e Broadcom Inc. ottengono più del 20% delle vendite.

Ma è possibile che la Cina possa usare tattiche non tariffarie? La risposta è positiva, anche perché – in buona sostanza – lo ha già fatto in passato. Le società sudcoreane e giapponesi sono ad esempio state prese di mira durante i periodi di tensione politica con un inasprimento della regolamentazione, nuove regole sulla sicurezza dei consumatori e boicottaggi di massa ispirati dai media statali cinesi. Lo stesso potrebbe dunque avvenire nei confronti delle merci e delle società statunitensi…

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