Il Fondo Monetario Internazionale prevede che la crescita globale rallenterà al 2,7% l’anno prossimo, 0,2 punti percentuali in meno rispetto alle previsioni di luglio, e anticipa che il 2023 riserverà una recessione per milioni di persone in tutto il mondo.

A parte la crisi finanziaria globale e il picco della pandemia di Covid-19, il FMI sottolinea come questo sia il profilo di crescita più debole dal 2001. Nel suo World Economic Outlook l’istituzione afferma che la stima del PIL per quest’anno è rimasta ferma al 3,2%, in calo rispetto al 6% registrato nel 2021. “Il peggio deve ancora venire e per molti il 2023 riserverà una recessione“, si legge nel report, che fa sostanziale eco agli avvertimenti delle Nazioni Unite, della Banca Mondiale e di molti amministratori delegati globali.

Secondo il report, in particolare, più di un terzo dell’economia globale registrerà due trimestri consecutivi di crescita negativa, mentre le tre maggiori economie – Stati Uniti, Unione Europea e Cina – continueranno a rallentare.

Il prossimo anno sarà piuttosto doloroso“, aveva dichiarato il giorno prima Pierre-Olivier Gourinchas, capo economista del FMI, anticipando di fatto alcuni spunti del dossier. “Ci saranno molti rallentamenti e sofferenze economiche”, aveva poi proseguito.

Perché il mondo sta rallentando

Nella sua analisi il FMI ha indicato tre eventi principali che attualmente ostacolano la crescita:

  1. l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia
  2. la crisi del costo della vita
  3. il rallentamento economico della Cina.

Insieme, questi tre elementi creano un periodo volatile dal punto di vista economico, geopolitico ed ambientale.

In particolare, si legge nel dossier, la guerra in Ucraina continua a “destabilizzare fortemente l’economia globale“, secondo il rapporto, e il suo impatto provoca una “grave” crisi energetica in Europa, oltre alla distruzione della stessa Ucraina. Il prezzo del gas naturale è più che quadruplicato dal 2021, poiché la Russia ora fornisce meno del 20% dei livelli del 2021. Anche i prezzi dei prodotti alimentari sono aumentati a causa del conflitto.

Per quanto concerne il secondo punto, se gli Stati Uniti non riusciranno ad affrontare seriamente il problema dell’inflazione, il resto del mondo ne pagherà le conseguenze, afferma il capo economista del FMI. Il FMI prevede che l’inflazione globale raggiungerà il picco alla fine del 2022, passando dal 4,7% del 2021 all’8,8%, e che “rimarrà elevata più a lungo di quanto previsto in precedenza”. Secondo le previsioni del FMI, l’inflazione globale scenderà probabilmente al 6,5% nel 2023 e al 4,1% nel 2024.

Infine, la “politica dello zero-Covid” della Cina – e i conseguenti blocchi – continuano a ostacolare l’economia del Paese. Il settore immobiliare rappresenta circa un quinto dell’economia cinese e le difficoltà del mercato non possono che ripercuotersi a livello globale.

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