Stando a quanto suggeriscono gli ultimi dati statistici, a maggio la creazione di nuovi posti di lavoro nelle aziende statunitensi è diminuita al ritmo più lento della ripresa dell’era pandemica.
Nel dettaglio, l’occupazione nel settore privato è aumentata di appena 128.000 unità nel mese, ben al di sotto delle 299.000 stime del Dow Jones e in calo rispetto alle 202.000 unità di aprile. Il forte calo ha dunque segnato il mese peggiore dai massicci licenziamenti dell’aprile 2020, quando le aziende hanno mandato a casa più di 19 milioni di lavoratori a causa dell’epidemia di Covid che ha innescato una straordinaria riduzione dell’economia.
Come intuibile, il rallentamento delle assunzioni del mese di maggio è determinato dai timori di un rallentamento economico più ampio. L’inflazione, oggi intorno al livello più alto degli ultimi 40 anni, la guerra in corso in Ucraina e i lockdown cinesi indotti ancora una volta dal Covid, hanno generato la paura che gli Stati Uniti possano essere sull’orlo della recessione.
Per quanto riguarda le organizzazioni maggiormente interessate dal fenomeno, sono state le piccole imprese ad essere le più colpite nel corso del mese: le aziende con meno di 50 dipendenti hanno infatti ridotto le buste paga di 91.000 unità e, di questo calo, 78.000 licenziamenti sono stati effettuati da aziende con meno di 20 dipendenti.
Tra gli altri dati economici di maggiore rilievo odierno, il fatto che le richieste iniziali di disoccupazione per la settimana conclusasi il 28 maggio siano state 200.000, con un calo di 11.000 unità rispetto alla settimana precedente e al di sotto della stima di 210.000.
Inoltre, la produttività del primo trimestre è stata rivista leggermente al rialzo, pur in calo del 7,3%, il più significativo dal 1947.
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