Dopo il blocco a livello mondiale causato dal lockdown imposto a seguito della pandemia di covid19, l’economia, come era nelle attese, è comprensibilmente tornata a crescere. Il ritorno alla normalità è coinciso con un maggior movimento dei consumi e degli acquisti e tutto ciò ha dato respiro ad imprese e commercio.
Dopo un iniziale entusiasmo, però, gli analisti hanno iniziato a raffreddare il loro ottimismo. Se un anno fa si parlare della tonalità della ripresa economica globale (sarebbe stata a V e quindi rapida oppure a U con un più prolungato momento negativo), adesso è la stessa crescita ad essere messa in discussione. In poche parole non è affatto detto che le previsioni più rosee sull’andamento dell’economia siano destinate a concretizzarsi con assoluta certezza.
Secondo la banca danese Danske Bank, la crescita economica a livello mondiale potrebbe essere inferiore alle previsioni. Per gli esperti, infatti, la ripresa è minata ad almeno 4 fattori destabilizzanti e imprevisti: la crisi della Cina, il rally del petrolio e del gas naturale, l’inflazione e la questione Supply chain. Vediamo nel dettaglio punto per punto.
La crisi cinese
Ormai da qualche mese gli occhi del mondo finanziario sono puntati su colosso cinese Evergrande attivo nel settore immobiliare. La società non naviga in buone acque, e nonostante le rassicurazioni divulgate, si teme che non riesca a fare fonte ai propri debiti. Questo potrebbe innescare un effetto a catena su tutto il settore immobiliare del Paese asiatico, con evidenti ripercussioni negli altri settori. Per questo motivo l’istituto finanziario danese ha deciso di rivedere le proprie previsione sul PIL cinese, abbassandole di mezzo punto: dall’8,5 all’8 per cento per il 2021, e dal 5 al 4,5 per cento per il 2022.
Il rally del prezzo del petrolio e del gas naturale
Altro argomento al centro dei mercati finanziari,in quanto inatteso rispetto a quelle che erano le previsioni, è la crisi energetica. La quotazione petrolio e il prezzo del gas naturali hanno raggiunto livelli record con il secondo che è addirittura raddoppiato.
Tecnicamente quando si verifica un aumento dei prezzi delle materie prime, viene spalancata la porta al boom dell’inflazione.
Con i costi di molti prodotti alle stelle, si prevede una erosione del potere di acquisto dei cittadini. Le previsioni ritengono che possa essere proprio l’Europa l’area geografica costretta costretta a fare i conti più a lungo con l’inflazione.
L’inflazione
Il rialzo dei prezzi al consumo era stato previsto già alcuni mesi fa ma gli analisti si erano subito divisi tra chi riteneva l’inflazione una fase di passaggio e chi invece aveva una visione più negativa.
La reatà attuale vede l’inflazione in rialzo a livello globale e i governi con le autorità monetarie pronti a scendere in campo. In particolare le banche centrali di molti paesi si sono mosse subito ai primi segnali di rallentamento economico. Secondo gli analisti di Danske Bank, però, in uno scenario stagflazionistico, c’è poco spazio per manovre in grado di sostenere la crescita.
La questione Supply chain
Supply chain può essere tradotto come catena di approvvigionamento, e indica quel processo che permette di portare all’utente ultimo un prodotto o un servizio. E’ una catena che funziona solo se c’è la necessaria quantità di manodopera.
Il meccanismo si è inceppato a causa della pandemia, soprattutto in Paesi asiatici come il Vietnam. Anche adesso, parte della popolazione sta rientrando nei villaggi nativi, lasciando le città con ritmi e costi ormai non sostenibili. Questo spostamento sta creando seri problemi di produttività e consegna. Su un binario parallelo si colloca anche la questione della carenza di microchip per l’azienda automobilistica.
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