E’ un quadro macroeconomico profondamente negativo quello che caratterizza l’Italia. Il nostro paese, alle prese con una forte contrazione del PIL causata da coronavirus e lockdown, deve vedersela anche con la deflazione. I dati che sono stati resi noti dall’Istat non lasciano spazio a dubbi: a causa della terza flessione consecutiva che i prezzi al consumo hanno segnato nel mese di luglio (anche a giugno e, prima ancora, a maggio l’indicatore aveva registrato un ribasso), l’Italia resta in deflazione. Questa situazione, dal punto di vista macroeconomico, è un vero e proprio incubo. 

Venendo ai numeri, i prezzi al consumo dell’Italia nel mese di luglio 2020 hanno segnato un ribasso dello 0,4 per cento su base annua e dello 0,2 per cento rispetto al mese di giugno. Come messo in risalto dall’Istat, per l’indice si è trattato del terzo ribasso consecutivo. Ma cosa ha impattato sull’andamento dell’indicatore e perchè l’Italia si è confermata in deflazione? 

Come messo in evidenza dall’istituto di statistica, ad impattare negativamente sull’indice è stato il brusco calo del costo dei beni energetici che, a sua volta, è poi pesato sui costi di molte altre categorie di beni. Un dato su tutti: il petrolio oggi costa ben il 23 per cento in meno rispetto a un anno fa e questo ovviamente significa carburanti meno cari ma anche costi bassi per tutti i beni la cui produzione è in qualche modo legata al greggio. 

Alla luce del dato di luglio, l’inflazione acquisita relativa all’intero 2020 è ora pari al -0,1 per cento. Questo dato sta a significare che, se nei prossimi 5 mesi (ossia da agosto a dicembre), la variazione dell’indice dei prezzi al consumo in Italia dovesse essere nulla, allora l’inflazione in Italia nel 2020 segnerebbe un -0,1 per cento.  

Ovviamente la presenza di deflazione ha anche un un certo risvolto positivo dal punto di vista del consumatore. Come rilevato dall’Istat, infatti, il carrello della spesa nel mese di luglio ha chiuso con prezzi in rialzo dell’1,2 per cento su base annua ma in forte frenata rispetto al trend di giugno quando il paniere dei beni di più largo consumo aveva segnato una progressione del 2,1 per cento. Il rallentamento della crescita è quindi una buona notizia per i consumatori medi che sono quelli che più comprano i beni inclusi nel carrello della spesa. 

Scendendo ancora più nel dettaglio, i prezzi dei beni alimentari hanno registrato una crescita rispetto a un anno fa ma, nel confronto con il mese di giugno, hanno evidenziato ribasso dell’1,3 per cento. I prezzi di frutta e verduta a luglio sono scesi del 6 per cento rispetto a giugno. Anche questa è una buona notizia per i consumatori.

Se il prezzo di frutta e verduta cala, quello di abbigliamento e calzature è in forte rialzo. a causa dell’avvio ritardato dei saldi, infatti, il costo di vestiti e scarpe ha segnato un balzo del 18 per cento rispetto a un anno fa. 

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