Quando si tratta di accendere un mutuo non sempre è facile decidere tra tasso fisso e tasso variabile, specie in questo frangente, con lo spread che continua a salire. D’altra parte l’incertezza dei mercati è palpabile in seguito a dichiarazioni, annunci e indiscrezioni riguardanti la manovra di bilancio.

Una certa preoccupazione è quindi più che comprensibile da parte degli Italiani, specie per quelli che hanno un mutuo da pagare e temono che i tassi di interesse possano lievitare a causa dell’aumento dello spread. Inoltre per quelli che un mutuo non lo hanno ancora fatto, ma ne prevedono uno nel prossimo futuro è inevitabile porsi la domanda: “tasso fisso o variabile?”.

Bisogna dire prima di tutto che non è esatto affermare che l’aumento del differenziale tra BTP e Bund sia inevitabilmente causa di una crescita dei tassi di interesse dei mutui. Quando si parla di spread dei mutui in realtà ci si riferisce al margine di guadagno che la banca applica, che va ad aggiungersi al parametro di riferimento, che può essere il tasso Euribor oppure Eurirs, a seconda che si tratti di un mutuo a tasso variabile, o fisso.

Il tasso finale del piano di ammortamento del cliente che ha un mutuo a tasso variabile, attualmente viene determinato non dallo spread BTP-Bund, ma dall’indice Euribor, sul quale lo spread stesso non ha un’influenza determinante. In altre parole se non aumenta il tasso Euribor, chi ha un mutuo a tasso variabile non rischia di pagare rate più salate.

Nel 2011 ad esempio, quando ci fu la crisi del governo Berlusconi lo spread Btp-Bund volò a 575 punti segnando un record storico. In quel periodo il tasso Eurirs, che riguarda i mutui a tasso fisso, è sceso sotto il 3%, ma anche il tasso Euribor 3 mesi, che si applica ai mutui a tasso variabile, è sceso, e toccando quota 1,36 ha premiato chi ha optato per quest’ultima scelta.

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