Non è ancora possibile valutare nel dettaglio la validità della manovra economica presentata con la nota di aggiornamento al Def e attualmente al vaglio della Commissione Europea. Conosciamo però i punti salienti ed abbiamo quindi la possibilità di prendere in analisi quelli che dovrebbero essere i principali effetti sul mercato, positivi o negativi che siano.
In realtà un primo effetto negativo sui mercati lo hanno già avuto alcune dichiarazioni rilasciate da Di Maio e Salvini a mezzo social e in trasmissioni televisive. Le dichiarazioni in questione, che riguardavano la legge di bilancio che veniva presentata in quei giorni, hanno fatto subito preoccupare i mercati e impennare lo spread.
Ma non solo. Il PIL italiano cresceva al ritmo dell’1,5% annuo, ora però le previsioni tendenziali per il terzo trimestre danno solo un +0,9%, e le stime per il dato complessivo del 2018 si sono abbassate all’1,2%.
La crescita del PIL
Il primo aspetto che dobbiamo analizzare è senza dubbio quello della crescita del Prodotto Interno Lordo. Le previsioni di questo esecutivo sembrerebbero ottimistiche ad una prima analisi, ma vediamo perché. Diciamo anzitutto che il governo prevede una crescita dell’1,5% per il 2019, che diventerebbe +1,6% nel 2020 e +1,4% nel 2021. A rendere difficile il concretizzarsi di tale previsione in primis vi è sicuramente il rallentamento in atto, che non riguarda solo l’economia del nostro Paese ma di tutta Europa.
Il resto dipende ovviamente dagli effetti prodotti dalle misure programmate nella manovra economica. L’IVA non aumenterà per tutto il 2019, contrariamente a quanto previsto dal governo precedente, e questo dovrebbe favorire i consumi. Altra grande incognita è quella del reddito di cittadinanza, che dovrebbe incidere in maniera determinante sulla crescita della spesa in consumi delle famiglie.
L’abbassamento della pressione fiscale anche attraverso misure come la Flat Tax dovrebbe incidere positivamente sulla crescita del PIL, in quanto le aziende che pagheranno meno tasse dovrebbero, almeno in teoria, investire quanto risparmiato, o destinarlo ai consumi.
Superamento della Legge Fornero e Reddito di Cittadinanza
La possibilità di mandare in pensione i lavoratori che hanno raggiunto i 62 anni di età e 38 anni di contributi dovrebbe portare un grosso beneficio al mercato del lavoro. Le imprese avrebbero infatti la possibilità di rimpiazzare i 62enni con lavoratori molto più giovani, i quali presumibilmente renderanno di più, ma soprattutto avranno un contratto con costi inferiori, probabilmente a tempo determinato.
Un immediato effetto positivo sarebbe quello di una riduzione della disoccupazione giovanile. Per contro si avrebbe un’impennata nella curva della spesa pensionistica nei prossimi anni, ed il rischio quindi che i vantaggi di oggi li debbano pagare le prossime generazioni domani.
Quanto al reddito di cittadinanza, ancora non se ne conoscono i dettagli. Sappiamo che dovrebbe ammontare a 780€ al mese, somma che almeno in teoria andrebbe pressoché totalmente in consumi. Il target del reddito è una fascia della popolazione al di sotto della soglia di povertà, quindi con un’alta propensione alla spesa.
I pro e contro della Flat Tax
La soglia di reddito entro la quale le piccole imprese potranno godere del regime fiscale agevolato con tassazione forfettaria al 15% sarà aumentata a 65.000 euro. Un provvedimento che sortirà un effetto indubbiamente positivo sulla crescita economica. Meno tasse significa più investimenti, più consumi, e auspicabilmente l’emersione di redditi precedentemente non dichiarati.
Resta qualche dubbio invece sull’abolizione delle misure previste a favore dei redditi superiori a 65mila euro, che da gennaio 2019 avrebbero dovuto beneficiare di un’imposta piatta al 24%. All’atto pratico la pressione fiscale resterebbe tutto sommato invariata, con benefici estesi a circa 500mila partite iva, pari a 3 milioni di soggetti, e altri benefici invece tolti a 2 milioni di partite iva che superano la soglia dei 65milla euro.
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