Il primo rischio è stato almeno in parte scongiurato. La preoccupazione principale dei mercati era rivolta alla possibilità che il rapporto deficit/pil potesse raggiungere o persino superare la soglia del 3% stabilita dal patto di stabilità. La percentuale definita dalla nota di aggiornamento al Def è quella del 2,4% per i prossimi 3 anni, e sebbene lo spread sia cresciuto, la situazione sotto questo aspetto è “sotto controllo”.

La Legge di Bilancio rispetta dunque il Patto di Stabilità, lo spread Btp-Bund ha superato questa mattina i 290 punti, ma la preoccupazione degli analisti è rivolta alla crescita dei crediti insoluti nei bilanci degli istituti finanziari.

Il mercato sembra mostrare una certa preoccupazione in merito all’effetto sui conti pubblici per via dell’aumento della spesa da parte dello stato. Le riforme messe in cantiere da questo esecutivo prevedono il raggiungimento di obiettivi non da poco (abbassamento età pensionabile, reddito di cittadinanza, flat tax) e non ci sono garanzie che queste misure portino ad una crescita del Pil.

La principale minaccia per l’economia italiana però, sarebbe principalmente rappresentata, non tanto dalla dubbia crescita del Pil o dall’attuale livello dello Spread, né da una piazza affari che perde quasi lo 0,5%, bensì dalla formazione di nuovi crediti insoluti da parte delle banche.

Sono i cosiddetti Non Performing Loans (NPL) a turbare i sonni degli investitori. Negli ultimi 3 anni gli istituti di credito, complice un contesto economico piuttosto favorevole, hanno potuto smaltire una significativa parte dei propri NPL. Con l’aumento dello spread i tassi di interesse dei prestiti concessi alle imprese dovranno necessariamente aumentare e questo potrebbe produrre nuovi crediti insoluti.

In questo scenario si presenta quindi il problema, per gli istituti bancari, di assorbire il peso delle svalutazioni dei crediti deteriorati, e al contempo si ridurrà la liquidità del mercato secondario degli NPL italiani.

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