Un nuovo dossier curato dalla MIT Sloan School of Management e da State Street Associate afferma che c’è il 70% di probabilità che si verifichi una recessione nei prossimi sei mesi.

Per poter arrivare a tale conclusione, i ricercatori hanno impiegato un approccio scientifico innovativo, sostenendo che – sul confronto delle serie storiche – c’è tale percentuale che una recessione si verifichi nel breve termine.

La tecnica

Per poter giungere a una simile stimata precisione, i ricercatori hanno creato un indice composto da quattro fattori di riferimento economico, e hanno poi utilizzato la distanza Mahalanobis, una misura inizialmente utilizzata per analizzare i crani umani, per determinare come le attuali condizioni di mercato possano essere messe in confronto con le recessioni precedenti.

La distanza Mahalanobis è stata originariamente concepita per misurare la somiglianza statistica dei valori di un insieme di dimensioni di un determinato cranio con i valori medi di quelle dimensioni per un gruppo scelto di crani”, hanno spiegato i ricercatori, spiegando – in modo più generico – che tale valore misura la distanza tra un punto e una certa distribuzione statistica.

Ebbene, usando questo principio, i ricercatori hanno analizzato mensilmente quattro fattori di mercato – la produzione industriale, i salari non agricoli, il rendimento del mercato azionario e la pendenza della curva dei rendimenti. Hanno poi misurato come l’attuale rapporto tra le quattro metriche possa essere messo in confronto con le letture storiche.

Dando quindi uno sguardo alla serie storica, i ricercatori hanno affermato che l’indice si è rivelato un indicatore affidabile per intercettare in anticipo le recessioni, valutato che l’indicatore è salito in vista di ogni simile scenario. Hanno quindi scoperto che quando l’indice ha superato il 70%, la probabilità di una recessione nei sei mesi successivi è salita al 70%. A novembre 2019, la lettura dell’indice era del 76%.

I dati macro smentiscono le conclusioni dello studio?

Evidentemente, per il momento i dati macro non sembrano supportare le conclusioni dello studio.

A gennaio, ad esempio, le retribuzioni dei privati hanno registrato il più alto incremento mensile da maggio 2015 a questa parte, e a dicembre anche il mercato immobiliare ha dato discreti segnali. Intanto, l’economia statunitense è cresciuta del 2,1% nel quarto trimestre del 2019 e del 2,3% per l’intero esercizio. Gli Stati Uniti e la Cina hanno firmato un accordo commerciale “fase uno” a gennaio dopo mesi di tensioni geopolitiche che hanno scosso il mercato. Fattori che, evidentemente, fanno pensare ad una continua espansione economica, e non certo a una recensione.

Vedremo se, a distanza di sei mesi, le valutazioni compiute dallo studio ora in esame si saranno rivelate corrette…

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