E’ notizia di oggi l’attacco dell’Iran contro alcune importanti basi americane in Iraq. La rappresaglia iraniana dopo l’eliminazione del generale persiano Soleimani da parte degli americani, alza l’asta dello scontro Usa VS Iran e rende incandescente tutta l’area del Medio Oriente. Sono in tanti a ritenere che dalla crisi tra i due paesi si possa davvero arrivare da un conflitto. In tal senso non c’è da stupirsi se “guerra Usa – Iran” sia effettivamente diventata una tendenza nelle ricerche sui principali social.

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Non c’è bisogno di pensare al peggio per prendere le giuste precauzioni, almeno in ambito finanziario. Come sempre avviene nei momenti che sono caratterizzati da alta tensione, è sempre consigliabile adottare le giuste precauzioni per non farsi poi trovare impreparati. Tema di questo post è l’impatto delle tensioni Usa-Iran sulla quotazione petrolio, sul forex (cambio Euro Dollaro in primis) e sugli asset rifugio a partire dall’oro.

Attenzione alle parole perchè quello di cui si parlerà in questo articolo non sono le conseguenze sui mercati in caso di guerra Usa-Iran perchè se davvero ci dovesse essere una simile escalation, il mondo andrebbe verso la terza guerra mondiale. Inoltre le probabilità che possa essere davvero una guerra mondiale sono oggettivamente nulle.

Fatta questa premessa possiamo ora passare all’analisi. In tal senso molto utile è un report che è stato redatto da Peter Kinsella, Global Head of Forex Strategy di Union Bancaire Privée (UBP).

Secondo l’analista a causa delle recenti novità nell’area del Medio Oriente con la tensione Usa-Iran a livelli altissimi, il Dollaro Usa ha prima segnato un leggero apprezzamento delle sue quotazioni ma poi ha perso terreno. Partendo da tale constatazione, l’analista ritiene che gli eventi debbano davvero precipitare in modo irreparabile prima che il biglietto verde possa davvero apprezzarsi.

Questa è una eventualità remota poichè, come messo in evidenza da molti analisti, il regime iraniano è concentrato sull’autoconservazione. Detto in parole povere nessuno si attende una escalation nel contrasto tra Usa e Iran.

Per l’esperto di UBP i mercati rivelano sempre di più una scarsa correlazione con i rischi geopolitici. Questo discorso vale oggi che si parla di crisi Usa Iran come è valso anche in passato a proposito della tensione tra Usa e Russia e, ancora prima, in relazione al braccio di ferro tra gli Stati Uniti e la Cina. La sostenza, quindi, non cambia.

Francamente i costi di un conflitto diretto sono talmente alti che lo scenario peggiore è davvero duro a verificarsi (per fornuna aggiungiamo noi). Per tale motivo gli investitori hanno il dovere di non perdere di vista il contesto di riferimento.

Dall’inizio dell’anno ad oggi la quotazione petrolio ha registrato un aumento di quasi il 5 per cento. L’incremento del prezzo dell’oil tende ad avere effetti asimmetrici sul Forex. E’ difficile riuscire a trovare le valute che si deprezzeranno come effetto del rally della quotazione petrolio ma è ancora più difficile trovare i cross valutari che si apprezzeranno.

Se si guarda ai mercati emergenti le valute che sembrano essere più vulnerabili ai rialzi del prezzo del petrolio sono la lira turca e la rupia indiana. In particolare la Lira Turca, anche per i tassi di interesse reali negativi che sono previsti nei prossimi mesi, potrebbe risentire particolarmente del balzo delle quotazioni petrolifere.

Sempre tra i mercati emergenti a beneficiare dell’aumento delle quotazioni del petrolio è il rublo che trova spunto anche da un enorme surplus delle partite correnti come pure dai tassi di interesse reali molto positivi e da finanze pubbliche solide.

Problemi non indifferenti ci sarebbero nel caso in cui la Russia dovesse restare ingrovigliata nel contrasto tra Usa e Iran. In una situazione simile gli analisti ritengono che possa essere l’oro ad offrire la migliore copertura per gli investitori. Ci sono alcuni elementi che sembrano davvero supportare l’aumento della quotazione oro. Tra questi drivers vanno inseriti la presenza di tassi d’interesse reali negativi sia in Usa che nella maggior parte dei paesi sviluppati, l’aumento della liquidità da parte delle grandi banche centrali e la forte domanda di sottostante da parte degli istituti centrali di Cina e Russia. Dal punto di vista tecnico la sfondamento di quota 1.550 dollari operato dall’oro nel 2019 potrebbe portare il gold ad un ulteriore aumento dei prezzi. 

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Crisi Usa Iran e effetti sulla quotazione petrolio 

L’andamento del prezzo del petrolio è più sfumato. E’ dal 2014 che le quotazioni oil sono scambiate in un range compreso tra i 45 e i 65 dollari al barile. Logicamente si sono verificate anche variazioni al di sopra o al di sotto di questo intervallo. 

In tale contesto lo shale oil USA ha agito come una sorta di fattore di oscillazione. La salira del prezzo del petrolio sopra i 65 dollari al barile ha incoraggiato l’incremento della produzione di olio di scisto da parte degli Usa e di conseguenza il prezzo del petrolio si è abbassato.

Secondo gli analisti in presenza di una scenario altamente sfavorevole le quotazioni del petrolio potrebbero salire fino a 80 dollari al barile ma francamente, pensare ad un greggio oltre questo livello è insostenibile.

Alla luce di tale discorso è possibile che l’oro superi il petrolio come bene rifugio. Tornando al Forex, negli ultimi gironi sia lo yen giapponese che il franco svizzero hanno subito apprezzamenti modesti in scia proprio all’aumento delle tensioni tra Usa e Iran. Ad ogni modo quello delle due valute è stato un apprezzamento fisiologo.

In conclusione gli esperti mantengono una posizione costruttiva sul franco svizzero e sullo yen giapponese, riflettendo in questo modo un saldo attraente delle partite correnti e valutazioni molto interessanti. Ma di quanto si apprezzeranno lo Yen e il Franco Svizzero. Secondo UBP l’entità dell’apprezzamento del CHF o dello JPY dipenderà dal fatto che nei prossimi giorni le tensioni tra Stati Uniti e Iran saranno destinati a crescere. Attenzione perchè il rialzo della quotazione CHF potrebbe essere ostacolato dalla decisione della Banca nazionale elvetica di intervenire al fine di evitare che il cambio EUR/CHF possa scendere sotto quota 1,08.

Secondo Neil Dwane di Allianz, fino ad oggi l’aumento del prezzo del petrolio dinanzi alla crisi Usa-Iran è stato modesto. Infatti i prezzi del greggio in versione Brent hanno registrato una progressione del 4 per cento nelle fasi più calde dello scontro per poi scendere sulle notizie della de-escalation. L’incremento delle quotazioni dell’oro nero a causa delle tensioni c’è stato ma non è neppure lontanamente paragonabile al +15 per cento a cui si è assistito a settembre come conseguenza dello sciopero delle società petrolifere in Arabia Saudita.

Ad ogni modo nuove turbolenze in Medio Oriente potrebbero essere la causa di un premio al rischio per il petrolio e quindi andare a determinare interruzioni nelle forniture. In questo modo i prezzi del greggio sarebbero spinti al rialzo e questo sarebbe un problema per la futura crescita economica globale.

Crisi Usa Iran e effetti sulle azioni 

© Shutterstock

Delle conseguenze della crisi Usa-Iran sulle azioni si sono invece occupati gli analisti di UBS. Il punto di vista degli esperti svizzeri non è poi tanto diverso da quello degli analisti di UBP. Anche UBS, infatti, tende ad escludere che la situazione possa precipitare mettendo in moto una escalation militare di rilievo. 

Partendo da tale considerazione gli analisti elvetici ritengono che l’impatto della crisi Iran-Usa su economia e sugli utili globali sia destinato ad essere piuttosto limitato. Per questo motivo gli analisti continuano a sovrappesare le azioni Usa e i titoli globali.

Per quello che riguarda invece le conseguenze sul prezzo del petrolio gli analisti di UBS si sono detti certi che i prezzi del greggio non possano restare sugli alti livelli attuali ancora per molto tempo. 

Per UBS la capacità disponibile nel settore petrolifero resta su livelli adeguati considerando sia che quella dell’OPEC e della Russia è oggi pari a circa 3,3 mbg. Per l’anno in corso gli esperti prevedono un eccesso di offerta di greggio (0,3 mbg), in particolare per quello che riguarda l’1S20.

Questo perchè l’incremento della produzione non OPEC, ossia della produzione da parte di Usa e Novergia, dovrebbe essere in grado di compensare, sia pure leggermente, il leggero aumento della domanda. Pur mettendo in conto la possibilità che le quotazioni petrolifere possano scontare un premio al rischio più alto, a causa dell’aggravarsi delle tensioni tra Usa e Iran, è francamente improbabile pensare che le quotazioni del Brent possano restare ad oltre 70 dollari al barile per quello che riguarda l’1S20.

Crisi Usa Iran strategia operativa 

Quale strategia è quindi preferibile seguire dinanzi alla crisi Usa-Iran? Secondo gli analisti di UBS è essenziale procedere con la diversificazione dei portafogli su scala globale. I traders più prudenti possono pensare di sfruttare l’attuale fase di volatilità mettendo in campo strategie che sono mirate ad abbassare la volatilità dei portafogli. Gli investitori possono anche assumere un’esposizione su quei beni rifugio, come oro e Yen, che presentano fondamentali molto solidi.

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Per quanto concerne la quotazione oro, fattori come la la modesta crescita economica o calo dei tassi d’interesse reali negli Stati Uniti, determinano una riduzione del costo opportunità legato alle posizioni sul gold. Poichè il prezzo dell’oro è espresso in Dollari americani, l’indebolimento della quotazione USD attenso per l’anno corrente, dovrebbe essere da tramplino per un rialzo delle quotazioni auree. 

Crisi Usa Iran: effetti sugli investimenti

Edward D. Perks, Michael Hasenstab, Sonal Desai e Stephen H. Dover analisti di Franklin Templeton Investments, hanno analizzato le possibili conseguenze sugli investimenti della crisi Usa-Iran. Gli analisti hanno ricordato che al di là del fatto specifico dell’uccisione del generale iraniano Soleimani e della conseguente rappresaglia di Teheran su alcune basi americane in Iran, la tensione tra i due paesi si era progressivamente aggravata a partire dalla scorsa estate.

Per gli esperti fino ad oggi la reazione dei mercati alla crisi Usa-Iran è stata decisamente modesta, segno che tra gli investitori prevale la fiducia su un superamento della fase di tensione in atto. Premesso questo, però, è innegabile che l’incremento della quotazione petrolio sia stato un effetto della crisi Usa-Iran.

Più in generale i team di investimento azionario di Franklin hanno espresso maggiore ottimismo sulle prospettive mentre i team obbligazionari hanno messo in risaldo la possibilità che ci possa essere un aumento del premio di rischio sui mercati globali.

Più nel dettaglio, per quello che riguarda le soluzioni Global Macro e Multi-Asset Edward D. Perks, Michael Hasenstab, Sonal Desai e Stephen H. Dover puntano sulla possibilità che le code della distribuzione dei potenziali risultati di mercato possano diventare un po’ più spesse. Gli analisti, in particolare, sottolineano l’importanza che si ricorra ad una protezione dai ribassi nel caso in cui gli eventi non dovessero andare nella direzione favorele che viene auspicata da molti.

Crisi Usa Iran: conseguenze secondo Allianz Global Investors

© Shutterstock

Anche Allianz Global Investors, per bocca del suo analista Neil Dwane, si è interrogata sulla possibili conseguenze della crisi Usa-Iran sui mercati. L’esperto di è detto sicuro che la crisi Usa-Iran sia destinata a non sfuggire di mano. Allo stesso tempo, però, è molto probabile che la fase di tensione controllata duri ancora a lungo. In questo contesto, ha evidenziato Dwane, settori come quello della difesa e quello petrolifero, potrebbero continuare ad essere ben supportati.

Dal punto di vista generale, però, Neil Dwane ritiene che gli investitori debbano continuare a restare cauti e pazienti. Per l’analista selezionare titoli di elevata qualità caratterizzati da bassa correlazione con il mercato e proseguire con la ricerca di income diventano elementi essensziali per cercare di limitare i rischi legati alla volatilità.

Le possibili risposte del mercato alla crisi Usa-Iran sono due:

  • Un iniziale sell-off dinanzi alle notizie relative a scontri o comunque alle news su un aggravamento del livello di tensione
  • Un rimbalzo nel momento in cui i trader ritengono improbabile che le nuove escalation possano influire sul mercato

Partendo da tale presupposto, Neil Dwane consiglia agli investitori di procedere ad una rivalutazione delle posizioni detenute ogni qual volta ci dovessero essere delle novità sulle tensioni tra Stati Uniti e Iran.

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