Mancano poche ore all’ultima riunione del Comitato esecutivo della BCE presieduta da Mario Draghi. E, come ogni fine mandato che si rispetti, anche questo miete polemiche, interrogativi, giudizi più o meno bonari, in relazione principale al successo degli strumenti di politica monetaria che Draghi ha contribuito ad attuare.
“Ironia della sorte, la fine della presidenza di Draghi coincide con un periodo di crescente scetticismo sull’efficacia della politica monetaria e di crescente richiesta di un ruolo più attivo per la politica fiscale“, ha dichiarato alla CNBC Silvia Dall’Angelo, economista senior di Hermes Investments.
La BCE ha duramente lottato per raggiungere il suo obiettivo principale, che è quello, “statutariamente” previsto, di assicurare un livello di inflazione che sia vicino ma inferiore al 2% nel medio termine, sulla scia della crisi del debito sovrano del 2011. Allo stesso tempo, le crescenti sfide economiche, come la guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina, la Brexit e la debolezza dei dati macroeconomici, hanno esercitato ulteriori pressioni sulla Banca centrale affinché agisca.
E l’azione è arrivata, a settembre. Un nuovo ciclo di misure di stimolo, che ha riavviato – tra l’altro – un nuovo ciclo di acquisti di titoli di Stato.
Insomma, l’euro è salvo (ma era davvero moribondo), ma forse, riflette Florian Hense, economista dell’eurozona presso la banca Berenberg, ancora tramite le pagine della CNBC, a costo della solidità e dell’unità della BCE. Accendendo, peraltro, nuovi imperativi sul futuro.
“Affinché la politica della BCE sia efficace, Christine Lagarde dovrà calmare il dibattito e colmare le lacune quando inizierà il suo nuovo incarico di presidente della BCE a novembre“, ha detto Hense a proposito dell’ex numero 1 del Fmi, successore di Draghi. D’altronde, non è una novità che diversi membri della Banca centrale abbiano espresso preoccupazioni circa l’efficacia delle misure politiche e la loro portata. E questa è peraltro una preoccupazione costante di alcuni economisti, che mettono in dubbio i benefici della politica monetaria ultra-loose. Pertanto, quale sarà il futuro per la zona euro?
La crisi del debito sovrano del 2011 ha avuto un impatto duraturo sulla zona euro, in parte a causa della frattura delle opinioni politiche dei Paesi della zona euro. Mentre tutti condividono la stessa moneta e la politica monetaria si applica allo stesso modo, è la politica fiscale a rappresentare la questione più delicata, decisa a livello nazionale. Di conseguenza, quando la crisi ha colpito la zona euro, la BCE non aveva né l’efficienza istituzionale né la governance centrale per farvi fronte.
“Draghi ha esortato a completare il quadro istituzionale europeo, necessario per consentire la sostenibilità della moneta unica e del progetto europeo in generale. Tuttavia, i progressi sono stati limitati“, ha detto Dall’Angelo, che poi nota come l’unione bancaria e l’unione dei mercati dei capitali, che avrebbero potuto essere utili in tal frangente, non sono state completate.
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