Continua a deteriorarsi la propensione al rischio, sostituita da una crescente avversione che è ben supportata dalla rappresaglia annunciata dalla Cina nei confronti degli Stati Uniti, dopo le ben note iniziative dell’amministrazione Trump, di cui abbiamo largamente parlato in queste pagine.

Come se non fossero sufficienti i dazi punitivi dal 5% al 25% su 60 miliardi di import statunitensi con decorrenza dal prossimo 1 giugno, poi, sono arrivati anche alcuni colpi sparati contro due petrolifere nel Golfo Persico ad acuire le tensioni globali. Un mix esplosivo, che – come era largamente prevedibile – ha affossato il mercato azionario, con l’S&P500 in USA e l’Eurostoxx in Europa in fase decisamente calante.

Per quanto attiene i tassi, i rendimenti dei titoli di Stato sono calati ancora, e si sono allargati gli spread sovrani in area euro. Sul fronte commodity, l’incidente in Golfo Persico ha prodotto un incremento transitorio delle quotazioni petrolifere.

Soffermandoci sul solo dollaro, la valuta verde ha interrotto la strada di ribasso che aveva avviato contestualmente agli indici azionari e ai tassi. Ne è conseguito che l’indice di cambio medio è rimasto stabile. L’euro non sembra invece fronteggiare dati di particolare rilievo, soprattutto ora che i dati tedeschi sui prezzi hanno sostanzialmente confermato le stime.

Anche in Europa, peraltro, i tassi sembrano essere in flessione come risposta all’incremento della risk adversion, sebbene abbiano certamente meno margine di manovra rispetto ai tassi americani. In tale ambito di turbolenza internazionale, i differenziali si muovono in senso più favorevole alla valuta unica europea.

Per quanto attiene i safe haven che stanno maggiormente beneficiando di tale evoluzione, un cenno è certamente attribuibile al franco svizzero, tornato a 1,1310 contro euro, e allo yen giapponese, che invece torna a 109,58, con rimbalzi correttivi nel corso della notte.

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