Secondo Satoru Matsumoto, gestore di fondi della Japan’s Asset Management One Co., che controlla l’equivalente di circa 490 miliardi di dollari, il rallentamento economico in Cina seguito dagli Stati Uniti in mezzo alle tensioni commerciali peserà sugli asset dei mercati emergenti. Dunque, meglio non farsi ingannare nel ritenere che il rally degli emergenti, alimentato da una “paziente” Federal Reserve, possa durare ancora a lungo e, comunque, per l’intero 2019.
Mentre le azioni dei Paesi in via di sviluppo hanno appena completato il loro mese migliore dal marzo 2016, e le valute hanno ottenuto il maggior guadagno mensile da un anno a questa parte, rammenta Matsumoto, solo quelle che soddisfano tre criteri chiave – solida crescita, inflazione controllata e nessun rischio politico significativo – valgono la pena di essere inseguite. E questo lascia il gestore con poche nazioni da contare sulle dita di una mano, con Paesi come l’Indonesia e il Brasile.
“Sarà un anno in cui bisognerà essere selettivi con le proprie posizioni sui mercati emergenti”, ha detto Matsumoto, a Tokyo, in un’intervista telefonica concessa a Bloomberg.
Ricordiamo che i mercati emergenti si stanno riprendendo da un 2018 cupo che ha seguito una corsa piuttosto ripida, in grado di portare le attività a massimi pluriennali. L’indice MSCI delle valute dei Paesi in via di sviluppo ha guadagnato il 2,6% in gennaio, mentre la stessa misura sull’azionario ha guadagnato l’8,7%. L’indice Bloomberg Barclays delle obbligazioni in valuta locale EM è aumentato per il terzo mese consecutivo, del 2,6%.
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