Con l’avvicinarsi del periodo di pubblicazione delle trimestrali delle società statunitensi, cresce il numero di analisti che cercano di comprendere in che modo il mercato valutario stia giocando un ruolo da protagonista come “detrattore” dei risultati del quarto trimestre 2018 di molte aziende a stelle e strisce.

L’ICE Dollar Index è salito di oltre il 10% dal minimo del febbraio 2018 al massimo di novembre dello stesso anno, e il suo livello medio dell’ultimo trimestre è stato superiore del 3% rispetto al periodo dell’anno precedente. Un andamento che potrebbe durare ancora a lungo. “Quando il dollaro aumenta la propria forza, cambia lo status competitivo dei prodotti americani” – ha affermato Jim Paulsen, Chief Investment strategist di Leuthold Weeden Capital Management a Minneapolis, sulle pagine di Bloomberg.

Naturalmente, occorre anche rammentare come un dollaro forte sia in realtà una buona notizia per molte aziende di consumo dipendenti dall’importazione, perché si traduce in un maggiore potere d’acquisto all’estero. Tuttavia, almeno per il momento, gli analisti sono piuttosto concentrati nel comprendere in che modo la forza della valuta accenda nuove sfide per i giganti aziendali a stelle e strisce, i quali hanno dovuto affrontare già una ricca serie di determinanti complesse, come le tensioni commerciali globali, una politica dei tassi più restrittiva e le preoccupazioni per l’economia cinese. Secondo Jonathan Golub, Chief U.S. equity strategist del Credit Suisse Group, un movimento del 7-8 percento del dollaro si traduce in un movimento dell’1 percento nella direzione opposta per i profitti aziendali statunitensi.

È lo stesso Bloomberg a sottolineare come i tassi di cambio non sono stati favorevoli per le aziende americane nel terzo trimestre. Le aziende del territorio dovrebbero infatti aver subito un colpo collettivo di circa 11.8 miliardi di dollari in tale quarto proprio a causa degli effetti negativi di valuta, quasi 12 volte maggiore del secondo trimestre. Non solo: sempre nel terzo trimestre il numero di aziende che menzionano effetti valutari negativi come causa delle proprie performance non esaltanti è stato sei volte maggiore del trimestre precedente.

Ad aggravare la situazione c’è il fatto che non tutte le aziende sono preparate a questi movimenti valutari, poiché non tutte coprono adeguatamente il rischio di cambio. Anche coloro che hanno tentato di proteggersi da un dollaro in ascesa, lo hanno fatto probabilmente in modo insufficiente, considerato che l’entità della forza del dollaro è superiore a quanto stimato da molti operatori, impreparati dinanzi a questi cambiamenti.

Insomma: occhi aperti sulla stagione delle trimestrali, con la quasi certa necessità di fare i conti con risultati prevalentemente depressi anche a causa dell’effetto cambio…

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