Stando a quanto afferma Kathrin Goretzki, strategist di Unicredit, il cambio euro – dollaro è influenzato da reciproche debolezze nelle due macro aree di riferimento. In particolare, da una parte il cross valutario sembra essere impattato da una Federal Reserve più cauta di quanto fosse prevedibile, mentre dall’altra parte le stime di rallentamento economico dell’eurozona sono sempre più solide.
In tal secondo caso, poco sembra esserci da fare sui numeri in corso di pubblicazione: le statistiche mostrano un’eurozona più debole di quanto si fosse previsto, e la Bce ha rinnovato un proprio atteggiamento molto cauto. Mario Draghi ha lasciato intendere in più occasioni che il board dell’istituto monetario dovrebbe essere pronto a modificare la guidance sui tassi e… non solo.
Goretzki ha poi sottolineato che, considerato il repricing che è avvenuto sul mercato dei tassi, dove si è vista un’inversione del trend del differenziale dei tassi a breve termine di Stati Uniti ed eurozona, con lo spread tra titoli di Stato Usa e Bund tedeschi biennali a 315 punti base (era 40 punti base maggiore a inizio novembre), la contemporanea stabilità del tasso di cambio è abbastanza notevole. Per Unicredit, la mancanza di correlazione sembra spiegarsi solamente con numeri macro più deboli delle attese, e con un atteggiamento più cauto da parte della stessa Bce (ma, probabilmente, pesa in questo contesto anche l’aleatorietà determinata da Brexit).
Anche dall’altra parte dell’Oceano non mancano i guai. In particolare, Goretzki segnala che ciò che sta impedendo un rally del dollaro è il cambiamento di tono da parte della Federal Reserve, con i mercati che hanno reagito alle dichiarazioni da colomba della banca centrale statunitense, andando a ridurre l’attesa di ulteriori rialzi dei tassi da parte della Fed a zero, o quasi.
Unicredit ha comunque affermato di ritenere che il mercato abbia presumibilmente esagerato nel rivedere le proprie attese, che l’economia Usa rimane forte e che non viene ritenuto possibile che l’attuale ciclo di rialzo dei tassi da parte della Fed sia già terminato. Ne consegue che l’analista punta a un cambio sotto quota 1,13-1,15, piuttosto che sopra il livello più alto della forchetta, in un’ottica di breve termine.
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