Il 2018 si è chiuso in maniera non certo esaltante per lo yuan, con la valuta cinese in affaticamento contro il dollaro e contro l’euro. Una valutazione che, tuttavia, non può che tenere in considerazione il fatto che nel 2018 la valuta cinese abbia subito un generalizzato rafforzamento di quella statunitense, che infatti ha registrato discreti apprezzamenti contro tutte le principali valute emergenti. E per il futuro?
A condurre il cambio nei prossimi mesi sembra essere l’azione sinergica di due variabili che non potranno che essere osservate con particolare attenzione dagli analisti: da una parte la guerra commerciale con gli Stati Uniti, dall’altra parte le aspettative sullo scenario domestico.
Soffermandoci sul primo punto, le tensioni commerciali tra USA e Cina sembrano esser state messe in stand by dopo il tiepido accordo al G20 di Buenos Aires, in attesa di sviluppi dai negoziati bilaterali. La Cina ha così ridotto i dazi sulle auto dal 40% al 15%, e ha promesso maggiori acquisti di prodotti agricoli americani.
Gli Stati Uniti potrebbero però perseguire obiettivi strategici più ampi rispetto all’apertura del mercato cinese alle importazioni, come ad esempio la difesa della leadership tecnologica. Insomma, il confronto tra le due parti potrebbe essere solo all’inizio.
Stando alle stime del Fondo Monetario Internazionale, l’effetto delle misure già attuate dovrebbe essere globalmente modesto, ma comunque sufficiente per poter ridurre la crescita economica della Cina dello 0,6% nel 2019. Se tuttavia i dazi dovessero trovare estensione al 25%, allora l’impatto negativo sul PIL sarebbe di oltre l’1,1%.
Tali valutazioni hanno quindi indotto gli analisti a ritenere che lo yuan rimarrà sotto pressione anche nei prossimi mesi, proprio in vista di un possibile peggioramento dei rapporti tra gli Stati Uniti e la Cina. A ciò si aggiunga, a supporto di tali riflessioni, la chiusura del differenziale di tasso, data la divergenza delle politiche monetarie dei due Paesi…
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