tre piccole pile di gettoni di Bitcoin su un piano

Le novità che riguardano la tassazione degli utili realizzati investendo nel mercato delle criptovalute sono state introdotte con la Legge di Bilancio 2023. Il governo di Giorgia Meloni ha infatti stabilito le regole che i trader sono tenuti a seguire per quel che riguarda gli utili da dichiarare, nonché le modalità per mettersi in regola con eventuali arretrati.

Qual è la tassazione per gli utili derivanti da investimenti in criptovalute

A definire il quadro fiscale per gli utili derivanti da attività di trading nel mercato delle criptovalute sono gli articoli della manovra economica del governo Meloni che vanno dal 31 al 35. Si tratta di una vera e propria svolta in tal senso in quanto è la prima volta che vengono definite delle regole precise riguardanti gli obblighi fiscali dei trader.

Le criptovalute infatti sono riconosciute, a partire dal 1° gennaio 2023, come asset digitali e in quanto tali sono sottoposte a tassazione in caso di cash-out in moneta fiat e di trasferimento a terzi. In quest’ultimo caso attraverso l’acquisto di beni e servizi.

Al di sotto di una certa soglia comunque il trader non è tenuto a dichiarare gli utili registrati investendo in criptovalute, ed è sempre la legge di bilancio a definire questa soglia, indicandola in 2.000 euro annui. Al di sopra di essa la tassazione prevede un’aliquota al 26% per le plusvalenze, mentre le conversioni da criptovalua a criptovaluta non generano capitale imponibile.

Come funziona la sanatoria per i redditi da criptovalute non dichiarati

Oltre a definire il quadro fiscale per la tassazione degli utili derivanti da attività di trading di criptovalute, la manovra economica del governo Meloni offre anche una via d’uscita a coloro che hanno delle attività antecedenti all’entrata in vigore della nuova normativa da regolarizzare.

La sanatoria si rivolge ai possessori di valute virtuali al 31 dicembre 2021 che non le hanno indicate in dichiarazione dei redditi.

I trader che non hanno fatto nessun cash-out possono infatti regolarizzare la propria posizione versando solo una sanzione per omessa dichiarazione nella misura ridotta dello 0,5% annuo sul valore totale delle attività non dichiarate.

Se invece vi sono anche delle attività di cash-out, bisogna pagare non solo la sanzione dello 0,5% di cui sopra, ma anche un’imposta sostitutiva pari al 3,5% del valore delle attività nel mercato delle criptovalte al momento dell’operazione.

La Legge di Bilancio 2023 ha anche previsto la possibilità di ottenere la rivalutazione degli asset digitali detenuti alla data del 1° gennaio 2023. Si può quindi assumere il valore aggiornato degli asset digitali, pagando un’imposta sostitutiva del 14% dei redditi, con la possibilità di dividere il pagamento in tre rate annuali.

Se si decide per il pagamento rateizzato, allora la prima scadenza è prevista per il 30 giugno, e per le rate successive è previsto il calcolo di interessi per un 3% annuo.

Quanto alle plusvalenze derivanti dai cash-out fatti a partire dal 2022, la tassazione prevista è del 26%. Questa percentuale si deve calcolare sul valore di carico oppure sul valore della rivalutazione.

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