Un laptop mostra un grafico

Le varie misure a sostegno del reddito delle famiglie introdotte dal governo di Mario Draghi, nonché la riforma fiscale e gli altri interventi in materia hanno complessivamente prodotto una riduzione della pressione fiscale calcolata intorno allo 0,4% rispetto al 2021.

Questo è, in estrema sintesi, quanto affermato dallo stesso presidente del Consiglio durante il congresso della Cisl che si è tenuto giovedì 26 maggio, in occasione del quale è stato evidenziato come questa sarebbe la “riduzione più consistente degli ultimi sei anni”.

In tutto le risorse stanziate dal governo per ottenere questo risultato ammontano a 14 miliardi di euro, e dovrebbero permettere agli italiani di avere materialmente maggiore liquidità, con il risultato che potranno sostenere spese maggiori con ciò che ne consegue in fatto di consumi.

Sempre il 26 maggio, nel corso della serata, il governo ha portato avanti anche gli incontri finalizzati a preparare il terreno per le prossime riforme, che dovrebbero permettere all’Italia di raggiungere gli obiettivi indicati da Bruxelles e garantirsi l’accesso alle risorse per il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr).

Il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Roberto Garofoli, ha incontrato i rappresentanti della maggioranza raggiungendo un accordo sulla delega fiscale che prevede l’inserimento di una norma che vieta qualsiasi possibilità che il provvedimento possa comportare in qualche modo un aumento della pressione fiscale.

Nel 2022 pressione fiscale in calo del -0,4%, quanto si risparmia

Il governo intende raggiungere questo risultato agendo parallelamente su diversi fronti. Il presidente del Consiglio, nel corso del suo intervento durante il congresso confederale della Cisl, ha ricordato quali sono stati gli interventi dell’esecutivo per “tutelare i lavoratori di fronte alle molte crisi di questi anni”.

Tra le misure citate l’assegno unico per i figli, definito un “sussidio familiare più semplice, equo, inclusivo, esteso anche agli autonomi, ai disoccupati, agli incapienti” che si va ad aggiungere alla riforma dell’Irpef che è stata strutturata in modo tale da offrire un sostegno ai redditi delle famiglie “soprattutto le più deboli”.

A regime tutti interventi sono costati circa 14 miliardi di euro, ma il premier ha tenuto a sottolineare che “rendono il nostro sistema fiscale più razionale e progressivo” con una pressione fiscale che, come accennato in apertura, per il 2022 dovrebbe risultare dello 0,4% più bassa rispetto all’anno precedente, e dovrebbe di fatto essere la “riduzione più consistente degli ultimi sei anni”.

Si tratta di un risultato che l’ex presidente della BCE presenta come un grande successo, ma in cosa si traduce di concreto per le famiglie? Una stima arriva dall’Unione Giovani Dottori Commercialisti riportata da Quotidiano Nazionale, dove leggiamo che “la riduzione della pressione fiscale più importante degli ultimi sei anni” permetterà ad ogni famiglia con un reddito lordo di 24 mila euro un risparmio di appena 96 euro.

Per le famiglie con un reddito intorno ai 32 mila euro invece il risparmio a fine anno raggiunge i 128 euro, per toccare addirittura i 181 euro nel caso di famiglie con reddito intorno ai 45 mila euro. Ben poca cosa a fronte dei vertiginosi aumenti cui assistiamo da mesi, soprattutto, spiace dirlo, per i redditi più bassi.

Ocse “il prelievo fiscale resta tra i più gravosi nel mondo industrializzato”

La sensazione insomma è che i vari interventi del governo guidato da Mario Draghi siano ben lontani dall’essere sufficienti nell’attuale quadro socio economico, considerando l’elevata pressione fiscale cui devono far fronte imprese e famiglie, soprattutto quelle con reddito più basso.

Massimiliano dell’Unto, consigliere nazionale dell’Unione giovani dottori commercialisti, ha fatto notare che la riduzione della pressione fiscale dello 0,4% “non tiene nella giusta ed equa considerazione i redditi bassi”.

In particolare è evidente che la riduzione della pressione fiscale, in misura così limitata, viene ampiamente annullata dall’aumento dell’inflazione con conseguente aumento delle spese cui specie le famiglie con reddito basso fanno fatica a far fronte.

Per ottenere dei risultati apprezzabili servirebbe, come evidenzia dell’Unto, un provvedimento di “detassazione e decontribuzione ponderato su specifiche voci contributive” come lavoro straordinario o premi di produttività.

Nelle raccomandazioni all’Italia inviate dalla Commissione Ue infatti viene evidenziato che “la pressione fiscale è elevata” con aliquote marginali Irpef discontinue e un “cuneo fiscale sul lavoro che resta alto”.

Dall’Ocse poi sottolineano che, nonostante gli interventi di Draghi abbiano effettivamente alleggerito “il peso del fisco sul lavoro”, considerando imposte sul reddito e contributi, soprattutto nel caso dei lavoratori con figli “il prelievo fiscale resta tra i più gravosi nel mondo industrializzato”.

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