Il governo di Giorgia Meloni continua a lavorare senza sosta per ridimensionare il Reddito di Cittadinanza, compevole secondo i partiti che compongono l’attuale maggioranza, di disincentivare i percettori alla ricerca di un impiego.
Inoltre servono risorse per le altre misure che il nuovo esecutivo intende inserire nella Legge di Bilancio 2023, e tagliando il sussidio introdotto dal primo governo di Giuseppe Conte sembra sia possibile ottenere un risparmio significativo per le casse dello Stato.
Cambiano i requisiti per il Reddito di Cittadinanza
I requisiti per l’accesso al Reddito di Cittadinanza quindi dovranno essere rivisti in modo tale da ridurre il più possibile la platea dei beneficiari. Il governo di Giorgia Meloni sta infatti lavorando ad una riforma della misura che dovrebbe permettere di recuperare circa 1 miliardo di euro da destinare ad altri interventi.
Il reddito di cittadinanza, nei piani dell’attuale esecutivo, dovrà essere destinato esclusivamente a chi non è in grado di lavorare, come se per tutti gli altri cittadini un posto di lavoro con una paga dignitosa con un regolare contratto fosse assicurato.
A ricevere il reddito di cittadinanza, a seguito delle modifiche che il governo di centrodestra intende apportare, dovrebbero essere esclusivamente gli invalidi, chi è in difficoltà e chi ha minori a carico senza adeguati mezzi di sostentamento. La platea dei beneficiari del Reddito di Cittadinanza verrà quindi ridotta anche attraverso l’introduzione del limite di età, che dovrebbe essere fissato a 60 anni.
I nuovi requisiti per ricevere il Reddito di Cittadinanza dovrebbero scattare a partire dal 1° gennaio 2023, e quella del limite di età è una delle ipotesi che la squadra di governo di Giorgia Meloni sta valutando.
La conferma circa l’intenzione di togliere il Reddito di cittadinanza a chi ha meno di 60 anni ed è in grado di lavorare è arrivata nelle scorse ore anche dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giovanbattista Fazzolari, il quale ha spiegato che chi ha un’età compresa tra i 18 e i 59 anni e non ha figli a carico, se può lavorare perderà l’assegno.
Niente assegno quindi per coloro che rispondono a questa sommaria descrizione, ma non da subito perché il sussidio grillino verrebbe tolto in maniera graduale, anche se non è stato ancora specificato in che modo e con quali tempistiche.
“Chi non può lavorare non può essere trattato come chi può” ha spiegato a tal proposito il sottosegretario Fazzolari “chi non può lavorare va tutelato anche di più di oggi. Chi può lavorare va incentivato. Per questo ridurremo la platea dei percettori del Reddito di cittadinanza”.
Chi potrà percepire ancora il Reddito di Cittadinanza nel 2023
Sulla base delle modifiche al Reddito di Cittadinanza che il governo di Giorgia Meloni ha intenzione di introdurre, a percepire il beneficio potranno essere a partire dal 1° gennaio 2023 solo gli invalidi, le persone in difficoltà, e chi ha figli minori a carico e non ha adeguati mezzi di sostentamento.
“L’obiettivo è quello di spronare i percettori del Reddito facendo capire loro che l’obiettivo non può essere incassare questo sussidio a vita piuttosto che cercare di trovare assieme allo Stato un lavoro” ha spiegato invece il sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon.
Tridico: “senza il Reddito per milioni di persone resta solo la Caritas”
A fare un quadro di quale sarebbe la situazione senza il Reddito di Cittadinanza, introdotto peraltro in un contesto economico completamente diverso da quello attuale, che si presenta drammatico sotto numerosi aspetti, ci pensa il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico.
Tridico, nel difendere il Reddito di Cittadinanza, parla del suo ruolo “straordinario e positivo nella riduzione della povertà”, ma non solo, ricorda anche che chi percepiva il RdC nel 2019 ormai in parte non lo percepisce più, in quanto si registra “un ricambio di circa il 45%”.
“Non va immaginato il Reddito di cittadinanza come qualcosa di statico o con le persone che stanno sul divano dal 2019” spiega ancora il presidente dell’Inps, che torna sulle condizioni in cui si trovano coloro che percepiscono il sussidio. “Il 65% dei percettori sono anziani, disabili e minori e persone che non hanno mai lavrato; il 10%, 350 mila persone, ha trovato lavoro; un altro 5% ha il reddito e non lavora e potrebbe essere inserito nel mercato con politiche mirate” ha spiegato infatti Tridico.
Ma il quadro illustrato dal presidente dell’Inps è ancora più dettagliato, infatti nel corso dell’intervista rilasciata a Il Fatto Quotidiano, Tridico spiega che “da aprile 2019 a oggi hanno ricevuto il pagamento di almeno una mensilità 2,24 milioni di nuclei familiari per un totale di oltre 5 milioni di persone, con un importo medio Rdc-Pdc (reddito e pensione di cittadinanza) attualmente di circa 550 euro per nucleo e una spesa totale di circa 8 miliardi l’anno”.
“Circa il 20% dei percettori già lavorava, con guadagni minimi, fin dall’inizio della misura e non ha smesso di farlo, anzi ha aumentato la propria offerta sul mercato, come abbiamo rilevato nell’ultimo rapporto annuale Inps. Un dato sufficiente a rilevare che il reddito non incentiva a stare sul divano” spiega ancora Tridico.
“Per milioni di persone, senza il reddito di cittadinanza, rimarrebbe solo la Caritas” osserva il presidente dell’Inps, che ricorda che la Naspi viene data a chi perde il lavoro ma solo per un massimo di 2 anni, e che “il reddito di cittadinanza oggi per i due terzi viene dato a persone che non possono lavorare (anziani, disabili, minori) o non hanno mai lavorato, o non hanno una storia contributiva recente”.
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