Il reddito di cittadinanza si appresta a vivere una stretta che potrebbe portare molti dei beneficiari al di fuori del perimetro di erogazione del bonus introdotto dal governo Conte. Come noto, l’esecutivo Meloni non sembra essere particolarmente orientato verso la conferma in toto di tale provvedimento, con ciò che ne consegue sull’effettivo rischio che centinaia di migliaia di beneficiari possano perdere nel breve termine questo supporto economico.
Proviamo a riassumere in brevità quali siano le principali proposte al vaglio del governo e come cambierà il reddito di cittadinanza 2023.
La stretta sul Reddito di cittadinanza: sospensione dell’erogazione
Una delle prime proposte sulle scrivanie dell’esecutivo è quella del vicepresidente del Consiglio e dei ministri e Ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, che vorrebbe sospendere l’erogazione del Rdc per sei mesi a 900 mila persone ritenute in grado di lavorare e che percepiscono la misura da almeno 18 mesi.
L’obiettivo di Salvini sarebbe quello di risparmiare circa un miliardo di euro grazie a tale sospensione temporanea, da riutilizzarsi magari per rendere realtà la sua proposta di riforma previdenziale, la quota 102.
Quanti perderanno il Reddito di cittadinanza 2023
In realtà, quella di cui sopra è solamente una delle proposte al vaglio. E, peraltro, non è nemmeno detto che ad essere interessati siano così tanti beneficiari.
I beneficiari del Rdc indirizzati ai servizi per il lavoro (quelli che, insomma, intenderebbe interessare Salvini con la sua proposta) sono infatti 919 mila. A questa platea bisogna tuttavia togliere i 173 mila soggetti che risultano essere occupati e 83 mila persone esonerate, escluse o inviate ai servizi sociali.
Insomma, a perdere il Reddito di cittadinanza secondo le intuizioni di Salvini sarebbero circa 660 mila beneficiari, ovvero il 72% di tutti coloro i quali hanno sottoscritto il patto per il lavoro. Di questi, peraltro, 480 mila persone (il 73%) non avrebbero avuto alcun contratto di lavoro subordinato o parasubordinato negli ultimi tre anni.
Si tratta di persone che avrebbero probabilmente delle difficoltà future a trovare un posto di lavoro a causa di scarse competenze o di un titolo di studio non superiore a quello della scuola media. Inserirle nel mercato del lavoro potrebbe dunque essere molto complicato e, ancor più complicato, sarà lasciarle senza alcuna forma di sussidio.
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