due monete da un euro sul palmo della mano di una persona anziana

Per recuperare risorse da destinare ad altre misure inserite nella Legge di Bilancio 2023, il governo di Giorgia Meloni ha deciso, tra le altre cose, di tagliare la spesa per le pensioni. Dal taglio del valore reale degli assegni proviene infatti una parte delle risorse da utilizzare per altri interventi come Quota 103 e l’estensione della Flat tax ai redditi fino ad 85 mila euro.

Il risparmio derivante dalla minor spesa per le pensioni, è legato alla riduzione delle rivalutazioni, che viene fissato al di sotto dell’attuale livello di inflazione anche per le pensioni minime. Questo dovrebbe permettere al governo Meloni di ottenere per il 2023 circa 2,1 miliardi di euro in più nelle casse dello Stato.

Al risparmio che si stima per il 2023 si aggiunge quello per il 2024 e quello per il 2025. L’anno seguente infatti, stando alle tabelle allegate alla relazione, il meccanismo dovrebbe permettere di risparmiare altri 4 miliardi di euro, e altri 4 anche per l’anno successivo, per un totale di oltre 10 miliardi di euro in meno alle pensioni.

Il taglio sulle pensioni è legato al meccanismo dell’adeguamento all’inflazione

La Legge di Bilancio 2023 infatti prevede che per le pensioni minime l’adeguamento dell’assegno sulla base del tasso di inflazione sia dell’8,7%. A questa percentuale si arriva applicando il 120% al tasso d’inflazione del 7,3%, comunque di gran lunga inferiore a quello attuale che si attesta sull’11,9%.

Per le pensioni minime questo si traduce in un aumento dagli attuali 523 a 570 euro netti al mese. Ma visto il reale tasso di inflazione, che abbiamo visto essere del 12% quasi, il potere d’acquisto dell’assegno pensionistico sarebbe comunque inferiore nonostante l’aumento.

Non solo, se prendiamo le pensioni più alte la manovra economica prevede degli adeguamenti via via decrescenti. Nel caso di pensioni che superano quattro volte l’importo della pensione minima, quindi dai 2.092 euro lordi al mese in su, pari a 1.680 euro netti, la rivalutazione sarà dell’80% sul 7,3%, cioè del 5,8% soltanto, che è in sostanza meno della metà dell’attuale livello dell’inflazione. Ne consegue che il potere d’acquisto si riduce drasticamente.

Stesso discorso, ma ancor più accentuato, per le pensioni che superano di cinque volte l’importo della minima, per le quali è previsto un adeguamento al 55% del tasso di inflazione fissato (7,3%) e si arriva ad una rivalutazione dell’assegno pensionistico del 4% soltanto.

Nel caso di assegni di importo pari a 6 volte la minima ci sarà un adeguamento del 3,6%, per quelli di 8 volte la minima si scende al 2,9%, e se la pensione supera i 5 mila euro lordi al mese l’indicizzazione sarà al 35% dell’iniziale 7,4%, quindi del 2,5% soltanto.

I soldi risparmiati sulle pensioni andranno a Quota 103 e Flat tax

I soldi tolti alle pensioni saranno utilizzati prima di tutto per finanziare Quota 103, la misura per l’uscita anticipata dal lavoro che dovrebbe portare gradualmente al superamento della legge Fornero. Il costo sarà di 571 milioni per il 2023, ma raddoppierà per il 2024.

Altre spese che il governo si appresta a sostenere anche grazie al taglio delle pensioni comprendono la proroga dell’Ape sociale che costa 134 milioni di euro, ma anche il cosiddetto “bonus Maroni” destinato a chi decide di continuare a lavorare nonostante abbia raggiunto i requisiti per il pensionamento con Quota 103. Per questo bonus si stima una spesa di 13,8 milioni di euro, a cui si aggiungono i 21 milioni della nuova opzione Donna.

Le decisioni prese dal governo di Giorgia Meloni però non sono piaciute ai rappresentanti sindacali. “I salari non aumentano, la Fornero rimane e hanno tagliato la rivalutazione senza discuterne con i sindacati, hanno rimesso i voucher, aumentando la precarietà e reintroducendo una forma di sfruttamento” ha dichiarato il segretario della Cgil Maurizio Landini.

Il leader della Cisl, Luigi Sbarra, ha espresso anch’egli un parere negativo. “Il governo dice che questo taglio delle rivalutazioni delle pensioni è necessario per finanziare proroghe e una serie di situazioni legate alle pensioni” ha affermato Sbarra “noi abbiamo fatto delle ricerche: anche se si dovesse finanziare per intero quota 103 questo non va oltre 300 milioni di euro nel 2023”.

Lo stesso numero uno della Cisl ha anche spiegato che secondo un’analisi condotta dal sindacato che rappresenta l’operazione studiata dal governo Meloni permetterebbe di risparmiare 2 miliardi di euro per il 2023 e 4 miliardi per il 2024, e quindi è doveroso domandarsi: “con il restante cosa si finanzia?”.

Sempre Luigi Sbarra ha inoltre tenuto a precisare che se “sugli anziani e sui pensionati si continua a fare cassa per finanziare altre misure” allora “noi non siamo d’accordo”.

Bocciatura anche da parte della Uil pensionati, con il segretario generale Carmelo Barbagallo che ha dichiarato: “sulla rivalutazione delle pensioni siamo profondamente insoddisfatti. Noi vorremmo che il governo ci chiamasse e si confrontasse sul fatto che non si tratta di un aumento, ma di un adeguamento all’inflazione”.

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