Anziana signora che siede in riva al lago

Il governo di Giorgia Meloni si appresta a mettere mano, tra le altre cose, anche al sistema pensionistico, ma con una riforma destinata ad interessare solo una minima parte della platea di beneficiari dell’assegno previdenziale.

In sostanza la riforma dell’esecutivo guidato da Giorgia Meloni prevede una spesa di 700 milioni di euro per permettere il pensionamento anticipato di circa 48 mila persone, vale a dire un quinto dei lavoratori che annualmente accedono al trattamento pensionistico.

La riforma del governo Meloni si chiama Quota 103, e sarà inserita nella nuova manovra economica. Questa modifica prevede che sia possibile lasciare il lavoro al raggiungimento di 41 anni di contributi versati, ma solo se risulta soddisfatto il requisito anagrafico fissato a 62 anni.

Si passa quindi dalla misura introdotta dal governo di Mario Draghi in scadenza a fine anno, cioè Quota 102, che prevedeva 38 anni di contributi e 64 anni di età, a Quota 103, che prevede 41 anni di contributi e 62 anni di età appunto.

Se il nuovo esecutivo non intervenisse con questa nuova riforma a partire dal mese di gennaio 2023 si tornerebbe alla legge Fornero, mentre imboccando questa strada il governo conta di arrivare ad una soluzione basata unicamente sul raggiungimento dei 41 anni di contributi, che non prevede alcun parametro di età.

Al tempo stesso si sta considerando la possibilità di rinnovare il bonus del 10% sullo stipendio di chi decide di continuare a lavorare pur avendo maturato i requisiti per accedere alla pensione.

Senza Quota 103 dal 1° gennaio in pensione a 67 anni

Con la Legge di Bilancio 2023 il governo interviene quindi “sullo scalone pensionistico che sarebbe scattato dal 1° gennaio. Senza un intervento dal 1° gennaio sarebbe scattata la pensione a 67 anni” ha infatti spiegato il presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che spiega che sarà possibile andare in pensione “a 62 anni con 41 di contributi, ma con dei paletti di buon senso. Chi decide di entrare in questa finestra, fino a maturazione dei requisiti non potrà prendere una pensione superiore a 5 volte la minima, quindi tra i 62 e i 67 anni, fino a maturazione dei requisiti”.

“La scelta di rendere le misure sulle pensioni transitorie per il 2023 va vista nell’ottica di una riforma strutturale che nel 2023 deve essere studiata, varata e ragionata” ha aggiunto poi il ministro del Lavoro, Marina Calderone.

Adeguamento delle pensioni maggiorato per pensioni basse

Sempre sul tema pensioni arriva la conferma del taglio delle rivalutazioni per gli assegni più ricchi, cioè quelli che vanno dai 2.100 euro lordi mensili, pari a 1.670 euro netti.

Quindi l’adeguamento all’inflazione, fissato al 7,3% soltanto, risulterà ridotto in misura via via più significativa man mano che si sale con l’assegno della pensione. Al di sopra dei 5 mila euro lordi l’indicizzazione sarà del 35% dell’iniziale 7,3%, il che significa che parliamo di un 2,5% appena di rivalutazione della pensione a fronte di un’inflazione reale che oggi supera ampiamente il 10%.

Quanto meno per le pensioni più basse l’indicizzazione prevede un incremento della quota, infatti l’adeguamento sale al 120% per le pensioni minime (570 euro lordi mensili) che quindi aumenteranno dell’8,7%. Non dimentichiamo che l’aumento dei prezzi oggi ha già raggiunto livelli ben più alti di quelli su cui si calcolano queste percentuali, infatti il tasso d’inflazione ha già raggiunto l’11,9% in Italia.

A conti fatti i percettori di pensione minima, invece di incassare un assegno da 523 euro netti, prenderanno mensilmente 570 euro. Nonostante questo, visti i numeri snocciolati poco fa, è chiaro che si avrà una perdita significativa del potere di acquisto degli assegni previdenziali se non ci sarà un’inversione di tendenza per quel che riguarda l’andamento dei prezzi.

Le novità su Opzione donna

Il governo Meloni si appresta ad introdurre alcune novità anche sulla soluzione di pensionamento anticipato riservata alle lavoratrici. Opzione donna, che prevede la possibilità di uscire dal mondo del lavoro al raggiungimento di soli 35 anni di contributi, sarà prorogata per un altro anno, ma sarà anche inserita una condizione che riguarda il numero dei figli.

Avranno quindi la possibilità di uscire a 58 anni le lavoratrici con due o più figli. L’età anagrafica però sale a 59 anni per chi ha un solo figlio, e a 60 anni per le lavoratrici senza figli.

Il ministro del Tesoro, Giancarlo Giorgetti, ha spiegato: “per quanto riguarda la scelta sociale, abbiamo forse tagliato sulla spesa previdenziale ma abbiamo investito sulla spesa previdente: cioè sui figli, su coloro che domani potranno mantenere tutti i pensionati e la spesa pensionistica- Perché la più grande riforma delle pensioni è quella che premia la natalità, altrimenti non ce n’è per nessuno”.

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