Abbiamo iniziato a sentir parlare di Flat Tax quando il leader della Lega, Matteo Salvini, faceva pressioni sul primo governo Conte per portar avanti il programma del suo partito. Ora la cosiddetta tassa piatta non solo è una realtà ma è stata recentemente interessata da modifiche che ne hanno esteso la platea dei beneficiari.
In teoria la flat tax dovrebbe rappresentare un interessante vantaggio per le aziende che ne beneficiano, ma non mancano le critiche, i dubbi e le polemiche.
E tra i soggetti che hanno criticato la Flat Tax, estesa fino ai redditi da 85 mila euro dal governo di Giorgia Meloni, troviamo anche la Banca d’Italia che aveva criticato la misura fortemente voluta dai partiti di centrodestra in quanto avrebbe rappresentato un rischio sotto l’aspetto delle discriminazioni fiscali tra autonomi e dipendenti.
Giorgia Meloni tuttavia ha respinto tale accusa quando ha presentato la Legge di Bilancio 2023, e in quell’occasione ha fornito dei dati concreti riguardanti la flat tax, e sembra proprio che siano quegli stessi numeri a confermare che la Flat Tax, in realtà, non crea una disparità di trattamento fiscale tra lavoratori dipendenti e lavoratori autonomi a vantaggio di questi ultimi.
Quanto conviene la Flat Tax secondo l’ultimo studio sulla misura
Quanto teorizzato da Palazzo Chigi sembra trovare conferma in un recente studio della Cgia di Mestre, secondo il quale nonostante l’innalzamento del regime forfettario fino a 85.000 euro di fatturato, gli autonomi continuano a pagare più tasse rispetto ai lavoratori dipendenti.
Se si svolge l’analisi prendendo in esame singolarmente le varie fasce di reddito è possibile notare come l’unica in cui le partite Iva arrivano a pagare meno dei lavoratori dipendenti è quella con redditi compresi tra 60 e 65 mila euro.
Se invece andiamo su altre fasce di reddito, ad esempio su quelle tra 10 e 55 mila euro, saranno ancora i lavoratori autonomi a pagare più tasse rispetto a operai e impiegati.
In particolare nella fascia di reddito compresa tra 25 e 30 mila euro gli autonomi pagheranno tra i 3.760 e 3.875 euro l’anno in più rispetto ai lavoratori dipendenti, mentre se scendiamo nella fascia tra 15 e 20 mila euro si arriva a 4.200 euro.
Inoltre lo studio fatto dalla Cgia di Mestre evidenzia che nel confronto tra la tassazione dei lavoratori autonomi e quella dei lavoratori dipendenti, per i redditi nella fascia 60-65 mila euro, laddove non si applica la flat tax si arriva a punte di oltre 6.000 euro l’anno.
Invece grazie alla flat tax, a partire dal 2023 gli autonomi con reddito di 60 mila euro annui potranno avere un prelievo fiscale di 640 euro inferiore a quello previsto per i lavoratori dipendenti nella stessa fascia di reddito, con un divario che cresce fino a 1.285 euro in caso di fatturato da 65 mila euro.
Non dimentichiamo poi che nel 2023 potranno beneficiare del regime di tassazione agevolato in tutto 140 mila partite Iva, cioè il 4,2% del totale dei lavoratori autonomi che al momento non la applicano. Stando ai dati delle dichiarazioni dei redditi del 2021, riferite al periodo d’imposta 2020, i contribuenti che si trovano in regime forfettari sono poco meno di 1.728.000.
Quanto costa alle Stato la Flat Tax
Sul tema della Flat Tax è arrivato poi un commento da parte di Paolo Zabeo, coordinatore del Centro Studi Cgia di Mestre, con il quale ha evidenziato: “ricordiamo che le partite Iva, i lavoratori autonomi, sono indipendenti e in quanto tali non possono contare sull’aiuto di altri né godersi giorni di malattia o permessi. Sono lavoratori fragili e a rischio perché non godono neanche di Tfr e non possono avvalersi dell’eventuale disoccupazione. Andrebbero avvantaggiati per questo rispetto ai lavoratori dipendenti, ma nonostante la flat tax continuano a pagare di più. Bisogna fare di più per loro, ma basta mettere autonomi e dipendenti gli uni contro gli altri”.
Ma polemiche a parte, in quali costi si traduce, per le casse dello Stato, l’applicazione del regime fiscale agevolato previsto dalla Flat Tax? A stabilirlo è la stessa Relazione tecnica allegata alla Legge di Bilancio 2023, secondo la quale l’ampliamento della platea dei beneficiari previsto dal governo di Giorgia Meloni si tradurrà in una maggiorazione del costo per lo Stato di circa 404 milioni di euro per il 2023.
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