un uomo in giacca e cravatta che firma dei documenti ad una scrivania
In arrivo 800 mila comunicazioni dall'Agenzia delle Entrate - Borsainside.com

Nel contesto dell’attuale panorama fiscale, l’Agenzia delle Entrate sta prendendo provvedimenti decisi nei confronti delle Partite IVA inattive da troppo tempo.

L’obiettivo è chiaro: è necessario fare pulizia e regolare la situazione delle Partite IVA che da un certo periodo risultano inattive o addirittura utilizzate per scopi illeciti. Questi passi sono necessari sia per mantenere l’equità fiscale che per promuovere un ambiente economico sano e legittimo.

Quali sono le partite IVA nel mirino del Fisco

Secondo i dati ufficiali forniti dall’Agenzia delle Entrate, la situazione è di una portata sorprendente. Alla data del 31 luglio scorso, il numero di Partite IVA inattive per almeno tre anni supera la cifra di 800.000. Questa massa di Partite IVA non attive rappresenta una sfida da affrontare in termini di regolamentazione e monitoraggio.

Ma chi rischia effettivamente la chiusura d’ufficio della Partita IVA? Secondo quanto definito dal Testo unico delle imposte sui redditi (Dpr n. 917 del 22 dicembre), l’Agenzia delle Entrate ha il potere di chiudere d’ufficio tutte le Partite IVA che, nei tre anni precedenti, non hanno presentato dichiarazione IVA né hanno generato redditi di impresa o di lavoro autonomo.

In pratica, le Partite IVA che non hanno svolto attività né prodotto redditi per un arco di tempo considerevole sono candidate alla chiusura d’ufficio.

Nel corso del 2023, l’Agenzia delle Entrate rivolgerà la sua attenzione alle Partite IVA degli anni 2019, 2020 e 2021. Questi anni saranno scrutinati attentamente per individuare le Partite IVA che sono cadute nell’inattività prolungata.

Cosa fare se si riceve la comunicazione dall’Agenzia delle Entrate

L’approccio dell’Agenzia delle Entrate alla chiusura d’ufficio delle Partite IVA inattive non è affatto improvviso. Invece, viene fornita un’opportuna comunicazione ai titolari delle Partite IVA interessate.

Questa comunicazione includerà un termine entro il quale i titolari dovranno rispondere per evitare la sospensione. I titolari avranno esattamente 60 giorni dall’avviso per spiegare le ragioni dell’inattività degli ultimi tre anni. Questa finestra temporale offre loro l’opportunità di bloccare il processo di cessazione.

Va fatto un discorso diverso però per le imprese e i professionisti le cui Partite IVA saranno chiuse d’ufficio non a causa dell’inattività, ma a causa di comportamenti di “grave e/o sistematica evasione e inadempimento fiscale“.

Questo tipo di Partite IVA, comunemente conosciute come “apri e chiudi“, sono create con l’obiettivo di eseguire attività specifiche, spesso di natura truffaldina, per poi chiudere quando è giunto il momento di pagare le imposte.

La sfida dell’Agenzia delle Entrate nel garantire la correttezza fiscale non si ferma qui. Attualmente, circa 500 attività commerciali con oltre 2 miliardi di fatture emesse sono sotto osservazione. Queste attività presentano caratteristiche soggettive anomale e si impegnano in operazioni economiche di rilievo. Grazie agli strumenti introdotti dall’ultima Legge di Bilancio, l’Agenzia delle Entrate ha potuto individuare e chiudere alcune di queste Partite IVA.

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