Molte cose sono cambiate in fatto di buste paga, stipendi e pensioni con la riforma dell’Irpef messa a punto dal governo di Mario Draghi, ma altre novità sono in arrivo nei prossimi mesi con la riforma delle imposte locali, che comporterà un taglio degli stipendi per milioni di lavoratori.

Di fatto quindi la riforma delle buste paga non è ancora terminata, e per molti stipendi all’orizzonte c’è un taglio che può andare da un minimo di 40 fino ad un massimo di 1.200 euro l’anno.

Tutto dipende dalla nuova riforma delle imposte locali che andrà ad agire su addizionali regionali e comunali, cioè quelle imposte che si applicano al reddito imponibile ai fini Irpef in una percentuale che varia a seconda della fascia di reddito in cui rientra il contribuente, secondo un principio analogo a quello delle aliquote Irpef nazionali.

In particolare quindi abbiamo delle novità che sono state inserite nella legge delega fiscale che prevedono un passaggio dalle addizionali Irpef alla cosiddetta sovrimposta, che invece è un’aliquota locale che si applica al gettito del tributo erariale, la cui introduzione porterà alcuni Comuni e Regioni a intervenire con un aumento delle aliquote allo scopo di mantenere lo stesso gettito fiscale.

Dalle addizionali alla sovraimposta, cosa prevede la riforma

Sulla base di alcune previsioni iniziali le novità hanno prodotto un po’ di preoccupazione nei lavoratori, in quanto si ritiene possano portare ad un taglio dello stipendio netto anche piuttosto consistente.

Ma cosa succede esattamente con il passaggio dalle addizionali comunali e regionali alla sovraimposta? Di fatto il governo viene delegato a introdurre sovrimposte regionali o comunali all’Irpef che vanno a sostituire le attuali addizionali.

La differenza tra le due sta nel fatto che le sovrimposte sono aliquote locali che si applicano al gettito del tributo erariale, mentre le addizionali corrispondono a delle aliquote locali da applicare alla base imponibile erariale.

Questo cosa significa all’atto pratico? Di fatto mentre fino ad ora con le aliquote locali era possibile fissare delle soglie di esenzione, o delle aliquote differenziate per determinate fasce di reddito, con la sovrimposta questo non sarà più possibile.

Sarà infatti il governo a decidere sulla progressività dell’Irpef, mentre Regioni e Comuni nel fissare l’aliquota di base, o di equilibrio, della sovrimposta, dovranno attenersi ai limiti stabiliti su base nazionale.

Lo scopo di queste modifiche in ambito fiscale doveva essere in partenza quello di tutelare le realtà locali garantendo livelli di gettito più o meno uguali, ma ci saranno comunque delle conseguenze che andranno ad impattare non solo sugli enti locali ma anche sui contribuenti che si ritroveranno in qualche modo con la busta paga alleggerita.

Il passaggio alla sovrimposta prevede che la stessa sia proporzionalmente più elevata rispetto all’aliquota precedente nelle realtà locali più ricche rispetto alle realtà con livelli di reddito più bassi. Questo, nell’idea del legislatore dovrebbe garantire una parità di gettito complessivo.

Più nel dettaglio quel che accade con il nuovo sistema è che l’aliquota base della sovrimposta, che viene calcolata sulla base del rapporto tra il gettito complessivo dell’addizionale comunale all’Irpef e il gettito Irpef, per i Comuni sarà del 3,1%, mentre per le Regioni del 7,5%.

In questo modo il risultato ottenuto dovrebbe essere che non ci sarà alcuna variazione sotto l’aspetto del gettito nazionale, ma per le realtà locali non sempre sarà possibile rientrare nei livelli di gettito attuali.

Ed ecco che si è deciso di prevedere, proprio per tutelare le realtà locali penalizzate da queste novità in ambito fiscale, un certo spazio di manovra e quindi la possibilità di introdurre un’aliquota di equilibrio che consentirà a Comuni e Regioni di recuperare il gettito mancante che era previsto con le addizionali.

Ci sono comunque dei limiti che circoscrivono la libertà di manovra degli enti locali, ma per alcune Regioni ed alcuni Comuni più poveri per garantirsi lo stesso gettito sarà necessario prevedere un’aliquota molto vicina al limite massimo fissato, e questo naturalmente andrà a scapito dei contribuenti.

Cosa cambia per gli stipendi e di quanto diminuiscono

Con il passaggio dalle addizionali comunali e regionali alla sovrimposta molte buste paga finiranno per essere alleggerite, e in alcuni casi la riduzione dell’importo dello stipendio sarà tutt’altro che lieve.

Ma nel dettaglio di quanto cambiano le buste paga e quanto si riducono gli stipendi con queste modifiche? La riforma fiscale in generale, come abbiamo già ampiamente avuto modo di notare, penalizza in particolare i redditi fino a 30 mila euro, ma con il passaggio dalle addizionali Irpef alle sovrimposte il gap andrà a ridursi leggermente.

Con l’introduzione di questo nuovo sistema infatti a risentirne saranno soprattutto i redditi più alti, ed in particolare stando alle stime di ItaliaOggi, saranno i redditi al di sopra dei 55 mila euro i più penalizzati.

Ecco quindi come cambieranno gli stipendi:

  • fino a 30 mila euro aggravio massimo di 40 euro annui. Rientrano in questa fascia di reddito il 20-30 per cento dei contribuenti circa
  • tra i 40 e i 55 mila euro l’aggravio fiscale derivante dal passaggio alla sovrimposta potrà arrivare a 200 euro l’anno
  • tra i 55 e i 75 mila euro si potrà avere una riduzione delle buste paga complessiva fino a 400 euro l’anno
  • per i redditi sopra i 75 mila euro le buste paga potranno essere alleggerite fino a 1.200 euro l’anno.

Non è possibile tuttavia seguire uno schema uguale per tutta Italia sulla base del solo reddito, in quanto appunto il taglio delle buste paga varierà a seconda dell’ente locali in cui risiede il singolo contribuente, con coloro che risiedono in realtà più povere che finiranno per essere maggiormente penalizzati.

Quanto meno questo è il principio generale, ma non si può escludere che si ritrovino con una decurtazione dello stipendio importante anche quei contribuenti che vivono in realtà ricche, le quali potrebbero comunque decidere di servirsi di questo meccanismo non per recuperare il gettito perso per via dell’abolizione delle addizionali, bensì semplicemente per incrementarlo.

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