Sarà in questi giorni che il governo guidato dall’ex presidente della Banca Centrale Europea deciderà in che modo affrontare lo spinoso problema del taglio delle tasse attraverso la riforma fiscale che andrà a modificare gli scaglioni Irpef.
Una settimana decisiva che vedrà il governo di Mario Draghi impegnato nello stabilire in che modo suddividere gli 8 miliardi di euro che sono stati stanziati per le misure, contenute nella manovra economica 2022, attraverso le quali si andrà a ridurre la pressione fiscale.
In questi giorni la squadra di governo sta valutando i vari sistemi che potrebbero essere adottati per alleggerire la pressione del fisco su lavoratori e imprese. Al tavolo convocato dal ministro dell’Economia e delle Finanze, Daniele Franco, le opzioni tra cui scegliere sono in sostanza sei, due sull’Irpef, due sulle detrazioni fiscali e due sull’Irap.
Per stabilire quale strada imboccare sono state effettuate le prime simulazioni, e relative illustrazioni tecniche che permettono di spiegare l’impatto previsto per ciascuna soluzione.
Sei miliardi dovranno andare al taglio dell’Irpef
Una delle poche certezze è che almeno 6 degli 8 miliardi che nella manovra economica saranno destinati alla riduzione della pressione fiscale, dovranno andare al taglio dell’Irpef. Altri due miliardi invece serviranno per ridurre l’Irap.
Secondo le stime dell’Istat, se si decidesse di destinare 8 miliardi tutti alla riduzione del cuneo fiscale sul lavoro, il reddito delle famiglie italiane crescerebbe dello 0,71% rispetto al 2020, mentre nel caso in cui si decidesse di concentrare le risorse sulle retribuzioni il carico fiscale si alleggerirebbe dell’1,6%.
Quanto al taglio dell’Irpef, i tecnici del ministero del Tesoro hanno lavorato a simulazioni in cui si valuta il ritocco di due aliquote, cioè quella al 38% e quella al 27%. La prima delle due verrebbe tagliata di un punto percentuale, e interesserebbe quindi tutti i redditi compresi tra 28 e 55 mila euro annui per un costo di circa 1 miliardo di euro.
Anche l’aliquota al 27% verrebbe tagliata di un solo punto percentuale, cosa che impatterebbe su tutti i redditi compresi tra 15 e 28 mila euro annui. In questo caso però il costo dell’intervento sarebbe non di uno bensì di 2 miliardi di euro.
Ricordiamo che l’Irpef, acronimo che sta per Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche, è un’imposta progressiva, il che significa che la quota percentuale di reddito assorbita dall’imposta aumenta all’aumentare del reddito stesso. Un risultato che si ottiene attraverso l’applicazione di aliquote crescenti sui diversi scaglioni di reddito e con deduzioni dal reddito insieme a detrazioni d’imposta.
A dover pagare l’Irpef sono tutte le persone fisiche che hanno un reddito, quindi sia il lavoratore dipendente che il lavoratore autonomo, così pure i soci di impresa. Ciò che determina l’obbligo di pagare l’Irpef è essere residenti oppure aver conseguito il reddito in Italia.
Taglio dell’Irpef, le prime simulazioni
Ma quale sarà l’impatto che il taglio dell’Irpef attraverso la modifica degli scaglioni avrà sulle buste paga? Si tratta di un calcolo tutt’altro che immediato in quanto dipende da diversi fattori.
Proviamo ad effettuare un calcolo inerente l’ipotesi di un taglio dell’aliquota del 38%. In tal caso i soggetti interessati saranno tutte le persone fisiche che hanno un reddito annuo superiore ai 28 mila euro. Stando ai dati del ministero dell’Economia relativi all’anno 2019, in questo modo sarebbero interessati dalla modifica circa un italiano su cinque, il 21,2% dei cittadini per l’esattezza.
Non dimentichiamo infatti che quando si passa da uno scaglione Irpef a quello successivo, il salto non si applica sulla totalità del reddito annuo, ma solo su quello aggiuntivo. In parole povere chi guadagna 30 mila euro annui avrà una tassazione sul proprio reddito del 23% fino a 15 mila euro, del 27% fino a 28 mila euro, e del 38% sugli ultimi 2 mila euro.
Tra le simulazioni più interessanti che ci permettono di capire meglio in che modo il taglio dell’Irpef andrà ad incidere sulle buste paga, abbiamo quella fatta da SkyTG24 che si prefigge l’obiettivo di evidenziare quali sono le categorie di lavoratori che maggiormente beneficeranno della riduzione dell’aliquota al 38%.
In questo scenario vengono presi ad esempio tre lavoratori che dichiarano solo reddito da lavoro dipendente, e si ipotizza un taglio dell’aliquota dal 38 al 34%.
Avremo quindi un lavoratore che dichiara un reddito annuo di 28 mila euro che non trarrebbe alcun beneficio. In questo caso infatti la tassazione si fermerebbe al secondo scaglione, mentre la simulazione riguarda la modifica sul terzo.
Avremo poi un lavoratore che dichiara un reddito annuo di 41 mila euro, che potrebbe beneficiare quindi dello sconto sulla riduzione della percentuale del terzo scaglione di 4 punti sui 13 mila euro che eccedono il tetto dei 28 mila del secondo scaglione. Questo lavoratore pagherebbe circa 500 euro l’anno in meno di Irpef.
Infine sulla base di questa simulazione avremo un lavoratore che dichiara 75 mila euro di reddito annuo, che potrebbe avere un taglio su una quota di reddito decisamente più rilevante e beneficerebbe di uno sconto fiscale di oltre 1.000 euro l’anno.
Chi ci guadagna di più con il taglio dell’aliquota al 38%?
I maggiori vantaggi economici derivanti da un taglio della terza aliquota Irpef, sarebbero quindi a beneficio del cosiddetto ceto medio, ma al tempo stesso anche per i ceti ricchi. Gli unici che non ne trarrebbero beneficio sarebbero i ceti bassi con reddito al di sotto dei 28 mila euro annui.
Ed ecco per quale motivo il governo si trova nella situazione di dover controbilanciare questo intervento con un altro che vada a ridurre anche l’aliquota precedente, cioè quella al 27%.
In tal caso però l’aliquota al 38% non potrà essere abbassata di 4 punti percentuale, ma al massimo di 2, mentre l’aliquota al 27% verrebbe abbassata di un punto percentuale portando benefici anche a chi ha un reddito compreso tra 15 e 28 mila euro.
Quali sono oggi gli scaglioni Irpef
Gli scaglioni Irpef oggi sono cinque e sono i seguenti:
- Reddito compreso tra 0 e 15 mila euro: aliquota Irpef al 23%, che corrisponde nel caso di un reddito di 15.000 euro ad una tassazione di 3.450 euro. Per i redditi al di sotto degli 8.174 euro non è prevista alcuna tassazione
- Reddito compreso tra 15.001 e 28.000 euro: aliquota Irpef al 27%
- Reddito compreso tra 28.001 e 55.000 euro: aliquota Irpef al 38%
- Reddito compreso tra 55.001 e 75.000 euro: aliquota Irpef al 41%
- Redito superiore a 75.000 euro: aliquota Irpef al 43%.
Questa dunque è la situazione attuale, ma quali sono le ipotesi sul tavolo del governo di Mario Draghi? Il presidente della Commissione Finanze della Camera, Luigi Marattin, ha spiegato che “non è stata una cosa unilaterale, stiamo lavorando, ci hanno presentato ipotesi e abbiamo discusso, abbiamo ragionato. Abbiamo delle ipotesi in mano, secondo il mio parere abbastanza buone. Sarà un percorso non banale”.
Il viceministro del Ministero dello Sviluppo Economico, Gilberto Pichetto ha commentato i lavori affermando: “speriamo in settimana di chiudere” spiegando poi: “non abbiamo un pezzo di carta in mano, abbiamo tante ipotesi, tante simulazioni che riguardano sia l’Irpef che l’Irap“.
Come cambierà l’Irap con la riforma fiscale Draghi
L’Irap è l’Imposta Regionale sulle Attività Produttive, e anch’essa sarà interessata dalla riforma fiscale cui sta lavorando l’esecutivo guidato da Mario Draghi. Ma in che modo cambierà questa imposta che interessa professionisti e imprenditori? Non dimentichiamo che si tratta di un’imposta che per il 90% del suo gettito finisce nelle casse regionali ed ha lo scopo di finanziare il fondo sanitario nazionale.
Tutte le persone, gli enti e le società che hanno un fatturato, e che quindi generano reddito, sono tenute e versare l’Irap.
In questo caso le ipotesi sul tavolo del governo sono almeno 5 o 6, quindi ci sono ben poche certezze quanto meno in questa fase. “Sull’Irap siamo ancora sulla discussione verticale o orizzontale” spiegano gli addetti ai lavori “sull’Irpef siamo ancora sulla discussione se agiamo sull’aliquota o sulle detrazioni”.
C’è la possibilità di optare per “un emendamento parlamentare, che avrebbe tempo fino al 29 novembre per essere messo a punto”, oppure per un emendamento governativo, che “sarebbe più rischioso e più lungo come percorso, perché bisognerebbe aprire i termini per i subemendamenti” apprendiamo da Il Giorno.
Il parere di Confindustria e quello dei sindacati
Secondo il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, gli “otto miliardi sono pochi” per ridurre la pressione fiscale, ne servono infatti “almeno 13” se si vuole riuscire ad effettuare un “forte taglio contributivo del cuneo fiscale”.
Dalla Cgil intanto arriva un parere critico riguardo il taglio dell’Irap. “La legge di Bilancio contiene moltissime misure a favore delle imprese: oltre 10 miliardi di euro” ha spiegato in occasione di una audizione alle commissioni Bilancio di Camera e Senato la vicesegretaria generale della Cgil, Gianna Fracassi, che ha chiesto che le risorse vengano quindi indirizzate “sui lavoratori e sui pensionati”.
Tra le richieste riguardanti la manovra va annoverata anche quella proveniente dall’Abi, che vuole garanzie straordinarie per l’intera durata del 2022, mentre l’Ania chiede polizze obbligatorie contro i danni del clima, e gli enti locali risorse maggiori.
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