Nella nuova manovra economica il governo guidato dall’ex presidente della Banca Centrale Europea affronta il nodo pensioni, e la scadenza prevista e confermata per fine 2021 di Quota 100, la misura sperimentale introdotta dal primo governo di Giuseppe Conte, quello a trazione Lega – 5 Stelle per intendersi.

Dal 2022 in pensione a 64 anni con Quota 102

Ma come, e soprattutto quando, si andrà in pensione dopo Quota 100? Nella Legge di Bilancio 2022 il governo di Mario Draghi ha inserito tra i vari provvedimenti anche Quota 102, un sistema che permetterà di bypassare la legge Fornero (tuttora in vigore) e di evitare in questo modo il famoso scalone di 5 anni rappresentato dal passaggio dalla pensione a 62 anni all’uscita a 67 per chi non ha fatto in tempo. 

Non ci sarà quindi nessuno scalone e al suo posto, in sostanza, un piccolo scalino. Nel 2022 infatti chi non avrà maturato in tempo i requisiti per uscire dal lavoro con Quota 100 potrà approfittare di Quota 102, la misura che verrà introdotta con la nuova Legge di Bilancio, che di fatto porta il requisito anagrafico a 64 anni (dagli attuali 62) lasciando invariato il requisito contributivo.

Ma come funzionerà il pensionamento con Quota 102 previsto dalla Legge di Bilancio cui sta lavorando il governo Draghi? I nati nel 1958, a partire dal 2022, potranno andare in pensione al raggiungimento del requisito contributivo dei 38 anni di contributi, così pure i nati nel 1959 che, a partire dall’anno successivo, potranno andare in pensione con lo stesso requisito contributivo.

Pensione a 63/64 anni, la proposta dell’Inps

La proposta del pensionamento a 63 o 64 anni (da adeguare alla speranza di vita) era stata avanzata dallo stesso presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, nel corso di un’audizione alla Camera di una settimana fa.

Il meccanismo prevedeva la possibilità di incassare però la sola quota contributiva dell’assegno pensionistico, mentre per incassare anche la quota retributiva sarebbe stato necessario attendere il raggiungimento dei 67 anni di età.

In questo modo sarebbe stato possibile mandare in pensione tutti i lavoratori che sono riusciti ad accumulare almeno 20 anni di contributi, con una quota di pensione di importo pari o superiore a 1,2 volte l’assegno sociale. 

Secondo Tridico questa ipotesi sarebbe stata “sostenibile dal punto di vista finanziario” ed avrebbe avuto un costo stimato di 453 milioni di euro nel 2022, che sarebbero diventati nel 2025 1,165 miliardi, con la previsione di ottenere dei risparmi a partire dal 2028. Inoltre dal momento che si sarebbe trattato di anticipi di cassa il costo di fatto sarebbe stato zero.

Grazie a questo meccanismo sarebbe possibile mandare in pensione anticipata nel 2022 circa 50 mila lavoratori, che diventerebbero 66 mila nel 2023, e 87 mila nel 2024.

Opzione Donna sarà cancellata, ma resta in piedi l’Ape sociale

Tra le novità contenute nella Legge di Bilancio 2022 troviamo, sempre per quel che riguarda le pensioni, anche la cancellazione di Opzione Donna, che prevedeva per le lavoratrici un meccanismo che permetteva un’uscita anticipata dal mondo del lavoro rispetto agli uomini. Si trattava anche in questo caso di una misura a scadenza come Quota 100 che, allo stesso modo, non sarà rinnovata per il 2022.

Sarà invece prorogato il meccanismo dell’Ape sociale, che permette di uscire dal mondo del lavoro coloro che svolgono mansioni usuranti, tuttavia l’allargamento della platea dei beneficiari, a differenza di quanto si sperava, non sarà ancora allargata ad includere altre categorie.

Cambia il Reddito di Cittadinanza, aumentano i controlli

Non sarà abolito, anzi arriva un rifinanziamento per il Reddito di Cittadinanza, misura fortemente voluta dal Movimento 5 Stelle. Il governo Draghi infatti ha previsto nella nuova manovra economica di confermare questa misura e di rafforzarla per il 2022, ma non solo, verranno anche introdotti maggiori controlli.

Con un miliardo di euro in più che porta le risorse per erogare il sussidio a 8,6 miliardi, pari alla spesa sostenuta nel 2021, arrivano infatti maggiori controlli preventivi inoltre il diritto al sussidio potrebbe decadere non dalla terza offerta di lavoro congrua rifiutata, bensì già a partire dalla seconda.

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