Le risorse che il primo esecutivo guidato da Giuseppe Conte aveva messo in campo per il rinnovo del parco auto italiano sono terminate prima dei tempi previsti. Lo stanziamento risale al 2018, e serviva a finanziare un bonus introdotto per incentivare i consumatori a sostituire la propria vecchia auto con auto più eco-compatibili.

Grazie al bonus auto introdotto dal governo Conte era possibile acquistare auto elettrificate (elettriche e ibride plug-in) una categoria che ha conosciuto un vero e proprio boom in questi ultimi anni passando da una quota di mercato dello 0,5% del 2018 all’attuale 10%.

Questo ha portato ad un rapido esaurimento delle risorse messe in campo dal governo così non resta che attendere i prossimi mesi per capire se ci saranno nuovi incentivi.

Questa volta insomma i fondi messi a disposizione dal governo per l’acquisto i auto elettriche e ibride plug-in sono stati interamente utilizzati in meno di tre anni. Ancora disponibile invece una parte delle risorse stanziate per l’acquisto di veicoli a benzina e diesel a basse emissioni inquinanti, per un totale di circa 144 milioni di euro.

Ora si cerca di capire cosa intende fare il governo di Mario Draghi. Quel che è certo è che le somme stanziate per gli incentivi destinati a chi acquista veicoli nuovi con emissioni di Co2 comprese tra zero e 60 g/km sono ufficialmente terminate.

Le auto con emissioni inquinanti così basse sono infatti quelle elettriche e le ibride con batterie ricaricabili con la spina, il cosiddetto plug-in insomma, con le quali è possibile percorrere alcune decine di chilometri senza aver bisogno del motore a combustione.

Restano però a disposizione alcune delle risorse messe in campo con la Legge di Bilancio 2021 che ha introdotto un bonus supplementare. Per l’esattezza permette di ottenere delle agevolazioni per l’acquisto di questa tipologia di veicoli, e sono ancora disponibili i circa 57,5 milioni di euro del cosiddetto “extrabonus”.

Chi usufruisce dell’extrabonus per acquistare veicoli a basse emissioni inquinanti ottiene di fatto un contributo supplementare di 1.000 euro che diventano 2.000 nel caso di rottamazione. Il contributo è previsto dall’ultima manovra economica poi legge n. 178/2020, che al comma 652 introduce tale supplemento entrato in vigore da gennaio scorso in aggiunta al bonus principale.

Qualche dubbio però riguarda ora anche l’extrabonus. Ci si chiede infatti se questo resterà in vigore anche ora che le risorse del bonus principale sono state terminate. Intanto la piattaforma di prenotazione anche per l’extrabonus è stata bloccata dal ministero dello Sviluppo Economico, e questo lascerebbe pensare che con il bonus principale sia sospeso anche l’extrabonus.

L’acquisto di un’auto elettrica o ibrida plug-in resta proibitivo per una buona parte dei contribuenti in Italia, ed è per questo che senza incentivi in grado di garantire delle agevolazioni importanti il mercato subirà inevitabilmente un brusco rallentamento.

I contributi utilizzati in questi ultimi tre anni permettevano di ottenere rispettivamenta 8.000 e 4.500 euro, in caso di rottamazione e senza rottamazione. Non dimentichiamo che a partire dal 2019 in Italia si sta cercando di incentivare la produzione e la vendita di auto elettrificate, in modo da colmare il gap che si speara dagli altri Paesi dell’Ue.

Nello specifico il MiSE sta spingendo su Stellantis affinché riconverta la fabbrica motori di Termoli in una delle cinque gigafactory per la produzione delle batterie necessarie per i veicoli a emissioni da 0 a 60 g/km.

Con la fine degli eco-incentivi previsti dal bonus auto sono attese pesanti ripercussioni sul mercato quantificate in circa 40 mila mancate immatricolazioni. A lanciare l’allarme Francesco Naso, segretario generale Motus-E, una associazione che raggruppa tutti gli stakeholder della mobilità elettrica.

“Possiamo perdere 20-25 mila di immatricolato elettrico e altri 15 mila di ibride plug-in. C’è incertezza sul 2022, legata sua alla mancanza degli incentivi che ai problemi con le materie prime e i chip per l’industria; il rischio è che il mercato italiano non sia più appetibile” ha spiegato Naso.

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