L’arrivo del Covid-19, dalla Cina all’Italia e poi al resto d’Europa e del mondo, ha indotto alcuni Stati ad introdurre una serie di misure restrittive in chiave anti-Contagio, e in Italia in particolare sono state imposte limitazioni tra le più stringenti a cominciare dal lockdown nazionale di oltre due mesi con cui si è ritenuto necessario affrontare la cosiddetta prima ondata.

I Paesi che hanno optato per misure meno stringenti, o che hanno affrontato la diffusione del virus facendo affidamento soprattutto su una campagna informativa accurata, e su strategie volte a tutelare in particolare i soggetti più esposti ai rischi legati alla Covid-19 evitando di sacrificare anche le altre fasce della popolazione, non hanno infatti danneggiato così pesantemente le proprie economie.

L’Italia, come sappiamo, è tra i Paesi che hanno deciso di affrontare l’emergenza sanitaria attraverso l’imposizione di chusure e limitazioni delle libertà individuali che hanno causato una sorta di effetto domino, in grado di danneggiare il Paese sotto pressoché ogni singolo aspetto, causando una crisi economico-sociale senza precedenti e mancando al contempo l’obiettivo dichiarato di tutelare la salute pubblica.

Quanto pesano le tasse sulle tasche degli italiani all’indomani della pandemia?

E i problemi economici per gli Italiani si fanno sentire soprattutto quando si parla di tasse. Secondo la relazione annuale dell’Osservatorio del Consiglio della Fondazione nazionale dei commercialisti, la povertà in Italia è considerevolmente cresciuta nell’ultimo anno e mezzo, non solo per via della questione Covid, ma anche per l’aumento della pressione fiscale.

Lo studio ha messo in evidenza che per gli Italiani che si sono ritrovati in situazioni di ristrettezza economica a causa della gestione della pandemia la pressione fiscale già calcolata al 43,1% per le imprese è cresciuta mediamente di 0,7 punti di PIL “mentre quella delle famiglie, pari al 18,9%, è cresciuta di 1 punto del PIL”.

Per via della gestione dell’emergenza Covid-19 nonostante i numerosi aiuti pubblici 330 mila famiglie italiane sono finite in condizioni di povertà assoluta, incrementando il totale del 20% circa rispetto al 2019.

L’analisi svolta dai commercialisti dell’Osservatorio ha portato alla conclusione che gli incentivi e i sostegni non hanno fatto altro che portare ad una situazione in cui “le famiglie più abbienti si trovassero, in termini relativi, in una situazione nettamente migliorata, mentre quelle già in difficoltà prima della pandemia subissero un ulteriore aggravamento della loro situazione“.

Nel rapporto si legge ancora: “è evidente come gli interventi pubblici a protezione del reddito e del lavoro non siano riusciti ad impedire una grande crisi economica e sociale, mentre il governo non si è minimamente posto il problema di intervenire sulla pressione fiscale a carico delle famiglie”.

Nell’ultimo decennio aumenta la pressione fiscale di Irpef e Imu

L’Italia alla crisi legata alla pandemia di Covid-19 ci arriva già in condizioni non eccellenti. Le misure di austerity volute dall’Europa non solo non hanno sortito gli effetti sperati in ambito economico, ma hanno pesantemente indebolito la sanità pubblica, cosa che non contribuisce certo ad agevolare il compito di sopperire alla quanto mai forte domanda di posti letto.

La pressione fiscale, proprio per via delle misure di austerity volute da Bruxelles, ha continuato a crescere, e secondo il rapporto dell’Osservatorio dei commercialisti “tra il 2011 e il 2020, mentre la pressione fiscale generale è aumentata di 1,8 punti di Pil, quella delle famiglie è aumentata di 2,8 punti di Pil”.

“Ad aver inciso in maniera determinante su tale aumento è stato il gettito erariale dell’Irpef che è cresciuto di 11,7 miliardi (+7,2%) e dal gettito dell’Imu e della Tasi che è aumentato di 11,1 miliardi di euro facendo registrare l’incremento più elevato in termini percentuali pari, addirittura del +120%” viene spiegato ancora nello studio.

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