La data limite del 1° luglio è ormai piuttosto vicina, ma per quale motivo conviene tener d’occhio il calendario? Il punto è che con la fine di giugno terminano anche gli effetti sospensivi dell’attività di riscossione dellAgenzia delle Entrate.

Si tratta di un provvedimento che fu preso ormai oltre un anno fa, quando il governo Conte bis impose le prime chiusure nell’ambito dell’emergenza Covid-19 facendo finire sul lastrico decine di migliaia di famiglie italiane.

Il provvedimento in questione, emesso per l’esattezza a marzo 2020, aveva la funzione di sospendere l’attività di riscossione dell’Agenzia delle Entrate in modo da dare a tutti coloro che si sono trovati in inaspettate gravi ristrettezze economiche il tempo quantomeno per tentare di riprendersi.

Dal 1° luglio ripartono i pignoramenti

Morale della favola: il tempo è scaduto. A partire dal 1° luglio la sospensione dell’attività di riscossione cessa di avere effetto e quindi ripartono a pieno regime anche i pignoramenti. Prima di arrivare alla sospensione di cui stiamo parlando adesso vi sono state diverse proroghe, l’ultima delle quali ha fatto slittare la scadenza della sospensione al 30 giugno appunto, quindi tra meno di un mese.

Il 30 giugno sarà a tutti gli effetti l’ultimo giorno di ‘tregua fiscale’ dopodiché in molti si troveranno a fare i conti coi propri debiti e con arretrati vari da versare nelle casse dell’Erario.

A partire dal giorno seguente, quindi dal 1° luglio, l’Agenzia delle Entrate Riscossione potrà far ripartire la macchina esattrice e riprendere a pignorare i beni del debitore.

Cosa rischiano i contribuenti a partire dal 1° luglio? Il pignoramento di stipendio e pensione

Coloro che non sono in regola coi versamenti di tasse e imposte dovute al fisco, rischiano prima di tutto il pignoramento del proprio conto corrente. Se gli importi richiesti in una o più cartelle esattoriali non vengono corrisposti, il contribuente rischia di vedersi pignorato il conto corrente, il che significa che non potrà disporre integralmente del denaro su di esso depositato.

Il pignoramento però può riguardare sia il conto corrente che lo stipendio o la pensione, nel qual caso la misura massima pignorabile è di un quinto dell’importo mensile accreditato.

Vi sono però regole specifiche per quel che riguarda i limiti entro i quali agisce il pignoramento. Ad esempio se il creditore è l’Agenzia delle Entrate, il limite dell’importo non è quello di un quinto. Più precisamente, se l’importo dello stipendio o della pensione non supera la soglia dei 2.500 euro il pignoramento si applica sul limite massimo di un decimo.

Nel caso invece di pensione o stipendio il cui importo è compreso tra i 2.500 e i 5.000 euro la soglia limite del pignoramento diventa di un settimo. Infine nel caso di stipendio o pensione di importo superiore ai 5.000 euro il limite che si applica al pignoramento è quello di un quinto.

Dal 1° luglio rischio pignoramento anche il conto corrente

Quindi recapitolando, a partire dal 1° luglio scade la sospensione dell’attività di riscossione dell’Agenzia delle Entrate, quindi i contribuenti che non sono in regola coi pagamenti e non hanno saldato quanto indicato nelle cartelle fiscali rischiano di vedersi pignorato lo stipendio oppure la pensione.

Non solo, stando a quanto affermato dalla Corte dei Conti nel Rapporto sul Coordinamento della finanza pubblica 2021 pubblicato lo scorso 28 maggio, a partire dal mese di luglio l’Agenzia delle Entrate potrebbe rivedere le modalità con cui provvede a riscuotere coattivamente i propri crediti.

I giudici contabili hanno infatti evidenziato la necessità di una rilevante revisione che comporterà tra le altre cose la possibilità da parte dell’Agenzia delle Entrate di dare il via ad un nuovo utilizzo dei dati contenuti nell’anagrafe dei rapporti finanziari.

Ciò vuol dire che, salvo i casi in cui è necessario adottare specifiche cautele procedimentali, i segreti del conto corrente verrebbero meno. L’Agente di riscossione potrebbe avere di fatto la possibilità non solo di conoscere l’esistenza del conto del debitore, ma anche l’entità delle somme depositate.

Anche la prima casa a rischio pignoramento

Ancora non vi sono certezze, ma stando a quanto riportato già da diversi media, il rischio sembra essere concreto. Una delle proposte avanzate dalla Corte dei Conti infatti è quella di dare il via libera al pignoramento immobiliare anche sull’abitazione principale. Fino ad oggi invece la prima casa era da ritenersi al riparo dagli attacchi di eventuali creditori.

Nell’ambito del pignoramento immobiliare inoltre potrebbe essere autorizzata la vendita coattiva immobiliare anche nel caso in cui il valore del bene risulti inferiore a 120.000 euro, a patto che la vendita consenta di conseguire un utile in grado di coprire le spese di procedura.

Vi è poi ancora un’altra proposta che arriva dalla Corte di Cassazione, ed è quella di introdurre una presunzione di legge rafforzata sulla proprietà dei beni mobili che si trovano all’interno dell’abitazione registrata come residenza del debitore.

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