Il nuovo governo sta lavorando in questi giorni alla riforma fiscale di cui molto si è parlato anche in epoca Conte, e la linea che l’attuale esecutivo intende seguire prevede prima di tutto un allentamento della pressione fiscale sul lavoro attraverso un maggior bilanciamento in grado di alleggerire i ceti medi che attualmente sono i più penalizzati.
La VI Commissione Finanze alla Camera diretta da Luigi Marattin ha già avanzato la proposta di intervenire sul regime di tassazione per partite Iva e lavoratori autonomi. L’idea è quella di abolire prima di tutto la ritenuta d’acconto che viene utilizzata tra datore di lavoro e lavoratore autonomo a prestazione d’opera occasionale.
Inoltre si prevede anche di introdurre un sistema per la tassazione delle partite Iva attraverso un prelievo mensile, che sarebbe una grande novità e rappresenterebbe un radicale cambiamento per milioni di contrbuenti.
Tra le novità che potrebbero essere introdotte con la riforma fiscale del governo di Mario Draghi, anche la riforma dell’Irpef attraverso l’introduzione di un nuovo scaglione, e la riduzione da quattro a due delle aliquote Iva.
Con la riforma fiscale addio alla ricevuta d’acconto
Una delle novità che potrebbero essere introdotte con la riforma del fisco cui sta lavorando l’esecutivo guidato dall’ex presidente della Bce, riguarda l’abolizione della ritenuta d’acconto.
Ricordiamo prima di andare avanti che la ritenuta d’acconto altro non è che un anticipo sull’Irpef a carico del datore di lavoro. Quest’ultimo infatti nell’ambito di un rapporto di collaborazione occasionale è tenuto a versare in qualità di sostituto d’imposta una parte della somma versata a titolo di pagamento di un dato servizio a titolo di Irpef per il collaboratore.
In genere la ritenuta d’acconto si attesta sul 20%, ed è quella parte del compenso che il datore di lavoro, titolare di partita Iva, trattiene e versa invece nelle casse dello Stato come tassa.
La proposta di abolire la ritenuta d’acconto arriva da Marattin e dal vicepresidente della Commissione Finanze, Riccardo Gusmaroli. È bene precisare anche che in realtà la ritenuta d’acconto non viene di fatto eliminata in tal caso, ma semplicemente si va a cambiare il modo in cui viene a compiersi questo prelievo fiscale.
Per lavoratori con partite Iva un prelievo mensile
Tra le novità che il governo Draghi sembra intenzionato ad introdurre nell’ambito della riforma fiscale cui sta lavorando, troviamo anche una modifica alle modalità con cui si andranno a riscuotere le tasse dovute dai lavoratori con partita Iva.
La Commissione Finanze infatti ha proposto che venga effettuato un prelievo mensile per 12 mesi, ciascuno dei quali rappresenterebbe un dodicesimo di quanto dovuto per l’anno fiscale trascorso.
In questo caso se questa modifica dovesse alla fine essere messa in atto, nell’anno in corso (2021) il titolare di partita Iva si troverebbe a versare al 16 del mese, a partire dal mese di luglio fino a dicembre, il saldo dell’anno precedente, e da gennaio a giugno 2022, i sei mesi corrispondenti all’anno 2021.
Per i titolari di partita Iva ci sarebbe però anche un’altra novità, quella dell’abolizione dell’Irap. Anche in questo caso però l’eliminazione della tassa di fatto non rappresenterebbe una riduzione della pressione fiscale per chi fosse interessato dalla modifica, in quanto l’importo previsto verrebbe inglobato e redistribuito con altri prelievi fiscali.
Con la riforma dell’Irpef ci sarà uno scaglione in più
Questa è una delle novità più importanti che dovrebbero essere introdotte con la riforma fiscale del governo Draghi. Il presidente del Consiglio ha infatti parlato della necessità di riformare non solo il prelievo fiscale per titolari di partita Iva, ma anche il sistema delle aliquote Irpef.
L’idea di fondo sarebbe quella di garantire un più elevato livello di progressività. Sappiamo che oggi l’aliquota Irpef si calcola su cinque scaglioni di reddito. Il governo Draghi individua nella soglia dei 28.000 euro di reddito la soglia critica oltre la quale si cerca di non andare, ricorrendo all’occorrenza all’evasione fiscale, per non subire una pesante penalizzazione dal punto di vista della pressione fiscale.
Mantenendo il reddito al di sotto dei 28.000 euro infatti si resta nello scaglione Irpef del 27%, mentre superando quella soglia si passa direttamente ad un ben più pesante 38%.
Secondo il presidente del Consiglio una delle principali cause dell’evasione fiscale in Italia è da ricercarsi proprio in questo grosso dislivello di ben 11 punti percentuale. Va sottolineato inoltre che chi registra un reddito al di sopra dei 28.000 euro annui non appartiene affatto ad un ceto ricco, eppure sono questi i contribuenti soggetti alla maggiore pressione fiscale in proporzione, rispetto ai redditi alti.
La soluzione al problema sarebbe quella di introdurre, tra lo scaglione al 27% e lo scaglione al 38%, un ulteriore scaglione da fissare al 32%. In questo modo dovrebbe essere possibile ottenere un sistema più progressivo ed una conseguente riduzione del fenomeno dell’evasione fiscale.
Con la riforma fiscale si passa da 4 a 2 sole aliquote Iva
Sono molte le novità che verranno introdotte con la riforma fiscale del governo Draghi, e una di queste riguarda le aliquote Iva che passeranno dalle attuali 4 a 2 soltanto. Questa novità interesserà tutti indistintamente, sia i produttori che i consumatori.
Attualmente come sappiamo l’Iva (Imposta Valore Aggiunto) viene applicata in misura diversa in base alla tipologia di prodotti. L’Iva ordinaria è al 22%, mentre per i medicinali, le forniture domestiche di gas e luce e alcuni tipi di ristrutturazioni, si passa all’aliquota Iva al 10%. Poi ci sono l’Iva al 5% per gli alimenti, e l’Iva al 4% per prodotti agricoli e bevande.
Anche in questo caso l’obiettivo è quello di semplificare, e dalle attuali 4 aliquote si potrebbe passare a 2 soltanto. L’aliquota ordinaria dovrebbe passare dal 22% al 20-21%, mentre l’aliquota ridotta potrebbe alla fine essere fissata tra il 5 e il 10%.
Dal momento che ancora le informazioni sono piuttosto vaghe, non è possibile stabilire se questa novità possa rappresentare un vantaggio per i contribuenti o maggiori entrate per le casse dello Stato.
Da una parte abbiamo una riduzione dell’aliquota ordinaria, ma resta da vedere se sarà di 1 o 2 punti percentuale, con conseguente proporzionale riduzione dei prezzi al consumo dei relativi prodotti. Dall’altra abbiamo un incremento dell’aliquota ridotta, ma non sappiamo dove verrà posizionata l’asticella, se più vicina al 10% o al 5%.
In che modo verrà finanziata la riforma fiscale del governo Draghi?
Abbiamo visto quali dovrebbero essere le novità in arrivo con la riforma fiscale del governo Draghi, ma ancora non sappiamo come e da dove arriveranno le risorse per realizzare tutto quello che abbiamo illustrato.
Già nel 2020 infatti il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, aveva lanciato la proposta di introdurre il prelievo fiscale mensile per i lavoratori con partita Iva, ma l’idea fu accantonata proprio per mancanza di risorse.
Il presidente del Consiglio Mario Draghi potrebbe però aver già indicato quale strada intende seguire il governo per rendere possibile la riforma fiscale fin dal suo insediamento. Nel discorso che tenne al Senato infatti spiegò che un alleggerimento della pressione fiscale sul lavoro sarebbe stato possibile solo attraverso un aumento della pressione fiscale sugli immobili.
Sembra quindi che per ridurre la pressione fiscale sul lavoro le risorse saranno trovate attraverso l’introduzione di una tassa patrimoniale, o con il ritorno dell’Imu sulla prima casa di cui si è parlato già in più occasioni.
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