Nell’ambito del progetto di una maggior partecipazione delle donne nel mondo del lavoro, si colloca il cosiddetto bonus donne 2021, che tuttavia non è un vero e proprio bonus, e si tratta di una misura che non viene destinata alle donne in modo diretto ma indiretto.

Si tratta infatti di un incentivo destinato alle imprese italiane per le nuove assunzioni o per le trasformazioni di rapporti già esistenti fino al 2022. In questo caso parliamo di un esonero contributivo al 100% dei complessivi contributi previdenziali per un importo massimo di 6.000 euro l’anno.

Ma chi può beneficiare del bonus donna 2021 quindi? L’incentivo per le assunzioni, per il quale vale rigorosamente il discrimine del sesso in quanto vi si può accedere solo nel caso in cui l’assunzione o la trasformazione del rapporto già esistente riguardi una donna, è destinato a tutti i datori di lavoro privati anche non imprenditori.

Possono accedere all’esonero contributivo al 100 per cento anche i datori di lavoro che operano nel settore agricolo per l’assunzione di donne lavoratrici svantaggiate come previsto dall’articolo 4, commi da 8 a 11, della legge n. 92/2012.

Per accedere all’esonero contributivo quindi non basta assumere personale di sesso femminile, ma bisogna che la lavoratrice per la quale si intende beneficiare dell’esonero sia in possesso dei requisiti specifici richiesti e che il nuovo rapporto di lavoro sia vincolato da specifiche tipologie di contratto.

Come funziona il bonus Donne 2021? I chiarimenti dell’Inps

Lo scorso 6 aprile l’Inps ha fornito alcuni chiarimenti riguardanti il bonus Donna con il messaggio 1421 in cui viene specificato quali sono i requisiti per accedere all’agevolazione per le assunzioni di cui possono beneficiare alcune lavoratrici.

Si può accedere all’esonero contributivo per le assunzione solo se vengono soddisfatti requisiti legati a:

  • tipologia di attività disposta ad assumere
  • tipologia di lavoratrici che beneficerebbero dell’esonero
  • tipologia di rapporto di lavoro

Possono essere incentivate infatti le assunzioni a tempo determinato e le assunzioni a tempo indeterminato, ma anche le trasformazioni dei contratti di lavoro in essere che da un rapporto agevolato o non agevolato passano ad un contratto a tempo indeterminato.

Abbiamo anche accennato al fatto che possono beneficiare dell’esonero contributivo solo le donne ma non tutte indistintamente. Il discrimine del sesso non è l’unico requisito necessario infatti per accedere al beneficio, bisogna che sussista anche il requisito di svantaggio della lavoratrice, vale a dire uno stato di disoccupazione che sussiste da oltre 12 mesi.

Se non viene rispettato questo requisito il datore di lavoro non puà accedere al bonus donne 2021 per assumere o per trasformare in contratto a tempo indeterminato un contratto di lavoro già in essere. Il requisito deve risultare soddisfatto già alla data dell’evento per il quale il datore di lavoro intende richiedere il beneficio.

L’esonero contributivo al 100% sarà applicato per un periodo di:

  • 12 mesi se si tratta di assunzione a tempo determinato o di proroga di rapporto a termine
  • 18 mesi se si tratta di assunzione a tempo indeterminato o di trasformazione a tempo indeterminato di un rapporto a termine già agevolato o non agevolato.

Quali sono i datori di lavoro che non possono accedere al bonus donna 2021?

Anche nel caso tutti i suddetti requisiti risultino rispettati, alcuni datori di lavoro non possono in ogni caso beneficiare dell’esonero contributivo al 100% previsto dal bonus donna 2021. Non possono accedere al bonus infatti:

  • le Amministrazioni dello Stato, compresi gli istituti e le scuole di ogni ordine e grado, così pure le Accademie e i Conservatori statali nonché le istituzioni educative
  • le Aziende e Amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo
  • gli enti locali quali Regioni, Province, Comuni, Città metropolitane, così pure gli Enti di area vasta, le Unioni dei Comuni, le Comunità montane, le Comunità isolane o di arcipelago e loro consorzi e associazioni
  • le Università
  • gli Istituti autonomi per case popolari e gli ATER comunque denominati che non siano qualificati dalla legge istitutiva quali enti pubblici non economici
  • le Camere di Commercio, di industria, di artigianato e di agricoltura comprese le loro associazioni
  • gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali
  • le Amministrazioni, le Aziende e gli enti del Servizio Sanitario Nazionale
  • l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle Pubbliche Amministrazioni (ARAN)
  • le Agenzie di cui al dl 30 luglio 1999 n. 300.

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