Avere un conto corrente in banca ha anche dei costi fissi, questo lo sappiamo, ed ora qualcosa sta cambiando non esattamente per il meglio. Molti importanti istituti di credito italiani stanno valutando un cambio di strategia che dovrebbe spingere i risparmiatori ad investire il denaro di cui dispongono invece di limitarsi a tenerlo sul conto corrente.

Le banche accettano di buon grado i risparmiatori che affidano loro le proprie finanze, ma il loro obiettivo è da un lato quello di evitare che i capitali finiscano in qualche modo all’estero, e dall’altro trarre i maggiori utili dalle somme che vengono loro affidate.

Se da una parte quindi gli istituti di credito italiani hanno l’esigenza di ridurre i costi del conto corrente per conquistare un maggior numero di correntisti, dall’altro al fine di realizzare maggiori utili si deve riuscire a portare il risparmiatore sulla strada degli investimenti.

Il costo dei conti correnti nel frattempo è lievitato, in particolare per via della negatività dei tassi di mercato, e parallelamente le banche hanno iniziato a spingere i propri clienti ad investire, disincentivando la scelta di limitarsi al risparmio.

L’Abi (Associazione Bancaria Italiana) ha reso noto qualche dato interessante che ci permette di avere un quadro più chiaro di cosa sta cambiando nel sistema bancario in particolare nel rapporto tra banche e risparmiatori.

Ad oggi tra imprese e privati sarebbero stati depositati su conto corrente almeno 1.745,6 miliardi di euro. In particolare è possibile rilevare un incremento per i depositi da clientela che si aggira intorno al +10,2%, una percentuale che corrisponde a qualcosa come 161 miliardi di euro circa.

Intanto però, a fronte di maggiori depositi sui conti correnti bancari, rileviamo grazie ai dati resi noti dall’Abi, che c’è stato un incremento anche dei costi di gestione dei conti correnti, come ad esempio nel caso dei conti online che nel 2019 hanno avuto un costo medio di 5,9 euro in più rispetto al 2018.

Le banche spingono i clienti ad investire

Gli istituti di credito quindi cercano di convincere i propri clienti ad investire. Tra i primi ad adottare questa strategia troviamo Unicredit e Intesa Sanpaolo che hanno cercato di promuovere i propri investimenti. Nello specifico Unicredit ha offerto ai clienti delle soluzioni alternative al semplice conto corrente, proponendo fondi di mercato monetario senza commissioni e con performance in territorio positivo.

Stando a quanto viene riportato da Il Sole 24 Ore poi, Fineco avrebbe iniziato a contattare il proprio portafoglio clienti annunciando l’intenzione di chiudere i conti corrente con depositi superiori ai 100.000 euro, e si tratterebbe di circa un migliaio di clienti in questo caso.

Già dal 5 febbraio scorso poi Bper ha deciso di applicare una commissione di liquidità alle imprese e ai titolari di partita Iva con depositi superiori ai 100.000 euro. Invece Bnl ha preso di mira i clienti con giacenze medie superiori a 1 milione di euro ai quali farà pagare una commissione da 1.000 euro a trimestre.

Milano Finanza poi ha riferito che Credito Emiliano avrebbe deciso di offrire ai propri clienti una consulenza specifica che in considerazione dei reali bisogni di liquidità, sia in grado di stabilire caso per caso quali potrebbero essere le più adeguate soluzioni di risparmio “in termini di asset allocation e di orizzonte temporale per gestire in modo più efficiente” la liquidità in eccesso.

Sempre più istituti di credito chiedono quindi ai propri clienti di investire, e d’altra parte sappiamo che i maggiori utili riescono a realizzarli attraverso gli investimenti.

L’imposta di bollo, chi la deve pagare e quali sono gli importi

Chi non vuole investire deve tener conto comunque del fatto che ci sono delle spese da pagare per tenere aperto un conto corrente, e proprio in questi giorni arriva l’imposta di bollo.

Si tratta di una tassa che in Italia è stata introdotta a decorrere dal 2012 e che a tutti gli effetti possiamo considerare un’imposta diretta. Questa va ad agire direttamente sul conto corrente e non viene applicata in base a principi di proporzionalità sulla reale capacità contributiva del singolo individuo.

Ogni correntista dovrà pagare l’imposta di bollo per ogni conto corrente a lui intestato, indipendentemente dal fatto che si tratti di un conto bancario, postale o sia un libretto di risparmio. Quanto alle somme da pagare, la differenza sta tra persone fisiche e aziende/partite Iva, infatti per le persone fisiche l’importo dell’imposta di bollo è di 34,20 euro, mentre per le aziende e titolari di partita Iva si arriva a 100 euro.

Se non altro non è una tassa che si rischia di dimenticare di pagare in quanto per tutti coloro che hanno sul proprio conto corrente una giacenza media superiore ai 5.000 euro, è lo stesso istituto di credito a premurarsi di provvedere al pagamento di quanto previsto prelevando la somma dal conto e versandola nelle casse del fisco.

In genere l’imposta di bollo viene pagata su base trimestrale, il che significa che siamo proprio nel periodo della prima scadenza. Non è detto perl che i pagamenti avvengano ogni tre mesi, a volta vengono effettuati mensilmente oppure al contrario una volta l’anno. In genere l’istituto di credito provvede ad addebitre 8,55 euro di imposta di bollo ogni tre mesi, sempre che vi sia una giacenza media di almeno 5.000 euro.

Per quanto riguarda invece i conti deposito, è previsto un prelievo fisso dovuto all’applicazione di una tassazione proporzionale alla somma depositata sul conto. In questo caso l’imposta di bollo sarà dello 0,2% della somma depositata, ed anche in questo caso la tendenza è quella di un aumento dei costi visto che fino al 2013 sul conto deposito veniva prelevato solo lo 0,15%.

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