Il rischio che l’Imu sulla prima casa venga reintrodotta nell’ambito della riforma fiscale cui sta lavorando il governo di Mario Draghi c’è ed è concreto. Ne parla in un articolo di approfondimento Trend-Online, dove viene spiegato come questa scelta potrebbe essere il risultato delle pressioni esercitate da un lato dall’Unione Europea e dall’altro addirittura dalla stessa Banca d’Italia.
Se le probabilità che il governo decida di introdurre una tassa patrimoniale che vada ad aggredire i patrimoni dei più ricchi sembrano essere sempre più basse, quelle che si vada verso un ritorno alla tassazione sulla prima casa continuano a crescere col passare dei giorni.
Come accennato a fare pressioni per il ritorno dell’Imu sulla prima casa sarebbero sia Bruxelles che Bankitalia Spa, le quali sostengono che in questo modo si potrebbe andare ad alleggerire la tassazione sul lavoro.
Imu sulla prima casa, cosa farà il governo Draghi?
Se venisse reintrodotta l’Imu sulla prima casa chiunque risulti proprietario di un’abitazione si troverebbe a dover pagare questa tassa, il che includerebbe anche disoccupati, pensionati, ed ogni genere di categoria comprese appunto quelle più vulnerabili.
Sul fatto che in Italia sia necessario andare ad intervenire sulla tassazione degli immobili, l’esecutivo guidato da Mario Draghi è stato sin da subito molto chiaro, ma ancora non è ben chiaro in che modo esattamente si andrà a modificare l’attuale tassazione.
Da Bruxelles avevano già indicato questa strada tempo fa, per l’esattezza se ne era parlato in occasione dell’Ecofin del 2020, quando venne sottolineato come l’attuale sistema tributario italiano non applichi la giusta pressione fiscale sugli immobili, in particolare sulla prima casa, e si concentri invece maggiormente sui lavoratori.
Cos’è accaduto esattamente? Nel 2019 la Commissione Ue aveva deferito l’Italia alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea proprio per non aver modificato le agevolazioni sull’IMU sulla prima casa. Più specificamente a Bruxelles non andava tanto a genio il fatto che un cittadino italiano residente all’estero poteva essere proprietario di un immobile in Italia sul quale non avrebbe pagato IMU in quanto prima casa.
Secondo l’Ue quindi le agevolazioni che lo Stato italiano applica sulla prima casa sono discriminatorie e basate su criteri, come la cittadinanza, che non tengono conto del reddito. Di conseguenza da Bruxelles auspicano che venga al più presto introdotta una tassazione sulla prima casa strutturata su un sistema impositivo progressivo basato sul reddito.
In parole povere si chiede che i cittadini italiani tornino a pagare l’IMU sulla prima casa, quel che non sappiamo ancora è in che modo l’imposta verrà strutturata esattamente, in che misura quindi terrà conto eventualmente del reddito.
La Chiesa cattolica non paga, dovranno pagare gli Italiani
Vale la pena ricordare, a proposito di pareri importanti circa la tassazione sugli immobili in Italia, che la Chiesa Cattolica è tuttora in debito di diversi miliardi di euro di pagamenti arretrati dell’ICI, come riportato ad esempio in un approfondimento di Micromega di Repubblica del novembre del 2019.
In questo articolo viene infatti ricordato che “una sentenza della Corte di Giustizia della Cee nel novembre 2018 ha ribaltato la sentenza di primo grado stabilendo che è dovere dell’Italia recuperare dalla Chiesa l’ICI arretrato, il cui ammontare, secondo approfonditi calcoli dell’ANCI, supera i 4 miliardi“.
E qui non si tratta semplicemente di un parere ma di una sentenza, è bene ricordarlo, il che significa che sono previste anche delle conseguenze se a questa sentenza non seguono adeguati provvedimenti da parte dell’esecutivo. E sempre nello stesso articolo viene spiegato che “non dando seguito alla sentenza dell’Ue, l’Italia rischia una procedura di infrazione che andrebbe ad aggiungersi alle decine già avviate che fanno del nostro Paese una sorta di sorvegliato speciale”.
Eppure su quel fronte tutto taceva nel 2019 e tutto tace anche oggi nel 2021. Nessuno chiede alla Chiesa cattolica quanto dovuto, ma si ritiene opportuno reintrodurre l’IMU per far pagare ad ogni cittadino che abbia una casa di proprietà quello che la Chiesa cattolica non intende pagare.
Anche Bankitalia chiede l’Imu sulla prima casa
Non solo l’Ue, ma anche Bankitalia Spa chiede la reintroduzione dell’Imu sulla prima casa, e lo fa attraverso una proposta concreta di Giacomo Ricotti, Capo del Servizio Assistenza e Consultenza fiscale, davanti alle Commissioni Finanze di Camera e Senato il 12 gennaio scorso.
Ricotti in quella occasione ha spiegato che l’unica soluzione per poter andare avanti con la riforma dell’Irpef è la reintroduzione dell’IMU sulla prima casa. In questo modo lo Stato potrebbe recuperare le risorse necessarie per risanare l’Irpef da una parte e dall’altra accontantare sia l’Unione Europea che la Banca d’Italia.
Ma Mario Draghi cosa ne pensa? L’ex presidente della BCE ed ex governatore di Bankitalia in realtà si è già espresso favorevole ad un ritorno dell’imposta sulla prima casa. Nel corso di un suo recente intervento al Senato infatti ha detto chiaramente che il suo obiettivo è un alleggerimento della pressione fiscale sui lavoratori e di un aumento invece delle tasse sugli immobili.
Improbabile quindi che il nuovo presidente del Consiglio decida di mettere da parte un progetto che condivide in linea di principio, e che trova nella Banca d’Italia e nella stessa Ue due convinti sostenitori.
Su quali immobili si deve pagare l’IMU?
Finché non subentrerà la riforma fiscale alla quale sta lavorando il governo guidato da Mario Draghi la tassazione sugli immobili sarà ancora la stessa degli ultimi anni.
L’Imu è dovuta su tutti gli immobili diversi dalla prima casa, ma anche sulla prima casa qualora questa rientri nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, le quali sono infatti catalogate come abitazioni di lusso e anche se a fronte di alcune agevolazioni sono comunque soggette al pagamento dell’IMU.
Inoltre la Legge di Bilancio 2021 stabilisce che sono altresì esenti dal pagamento dell’IMU quegli immobili che vengono riconosciuti come case familiari ma sono assegnate al genitore affidatario dei figli.
L’IMU è un’imposta locale, ecco dove finiscono i pagamenti
L’IMU è una imposta territoriale, il che significa che gli importi pagati dai contribuenti vanno a finire nelle casse comunali. Più specificamente diciamo che i tributi territoriali sono tassazioni stabilite dal governo centrale, ma della loro riscossione e della loro gestione sono gli enti locali ad occuparsene, come la Provincia, la Regione o in questo caso il Comune.
L’IMU è infatti una delle prime fonti di liquidità per i Comuni. Prima si chiamava ICI (Imposta Comunale sugli Immobili), poi a partire dal 2014 è subentrata la nuova imposta che accorpa anche l’Irpef con una serie di benefici per le casse comunali.
Si deve prima di tutto considerare infatti che l’aliquota ordinaria della vecchia ICI era pari al 4,6 per mille, mentre l’aliquota base dell’IMU è pari al 7,6 per mille. Non solo, perché bisogna tenere conto anche dei moltiplicatori, che nel caso dell’IMU per determinare la base imponibile è pari a 160 per lee seconde case, mentre per l’ICI era 100.
Nel 2020 poi alcune cose sono cambiate ed è stata introdotta la nuova IMU. In questo modo abbiamo avuto l’accorpamento della cosiddetta TASI, cioè la tassa sui servizi indivisibili, con un’aliquota ordinaria all’1 per mille.
Prima di andare avanti sull’Imu, ricordiamo che la TASI è l’imposta utilizzata dalle autorità territoriali per far fronte alle spese di gestione del territorio pubblico, per i servizi più disparati, a cominciare dalla manutenzione delle strade.
Con l’accorpamento di IMU e TASI abbiamo assistito ad una ulteriore variazione nell’aliquota ordinaria, che è passata per l’IMU (nuova IMU) dal 7,6 per mille all’8,6 per mille.
Ma come si fa per determinare l’importo della tassazione? Il calcolo non è poi così complicato come si potrebbe essere portati a pensare. Quel che si deve fare è partire dalla base imponibile, che viene rivalutata del 5% per i fabbricati e del 25% per i terreni, e moltiplicarla per l’aliquota.
Per quanto riguarda la base imponibile, questa si ricava dal prodotto della rendita catastale dell’immobile per un coefficiente determinato dalla categoria catastale.
Se prendiamo l’esempio di una abitazione, una seconda casa ad esempio, appartenente alla categoria catastale A, il coefficiente per il calcolo dell’IMU è 160. L’aliquota base come abbiamo detto, è pari all’8,6 per mille dal 2020 con l’arrivo della nuova IMU.
Qui però dobbiamo anche ricordare che trattandosi di un’imposta che viene gestita e riscossa dall’ente locale, dal Comune in questo caso, può anche subire delle variazioni riguardanti le aliquote attraverso delibere comunali ed è anche possibile ottenere delle detrazioni.
Vi sono diverse detrazioni ed esenzioni IMU delle quali il contribuente potrebbe avere la possibilità di beneficiare a seconda di alcune specifiche situazioni. Ad esempio è prevista una riduzione dell’IMU del 50% della base imponibile nel caso di un immobile inagibile. Una detrazione analoga è anche prevista per gli immobili ritenuti di interesse storico.
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