Dire che per le Pmi italiane sono tempi buii non rende nemmeno lontanamente l’idea del disastro che le misure restrittive imposte dall’attuale esecutivo nel tentativo di contenere la diffusione del virus hanno causato.
Alcuni analisti tuttavia vedono alcuni segnali incoraggianti nello sviluppo di questa drammatica situazione che interessa migliaia e migliaia di imprese italiane, con conseguenze molto gravi sui livelli di occupazione e sulle condizioni economiche delle famiglie.
Si parla di un impatto violento su alcuni settori imprenditoriali in particolare, e se le Pmi italiane hanno pagato e continuano a pagare un caro prezzo, non possiamo non considerare il fatto che risultano penalizzate soprattutto quelle che operano in alcuni specifici settori, come quello della ristorazione o quello del turismo, ma non solo.
La limitazione degli spostamenti e le altre numerose restrizioni che l’esecutivo ha iniziato a imporre sin da ormai quasi un anno, hanno prodotto risultati devastanti sull’economia italiana, con una diminuzione del fatturato delle PMI italiane che le ha costrette molto spesso alla chiusura, a volte temporanea altre definitiva, con conseguenti ripercussioni sull’occupazione.
Il blocco dei licenziamenti, l’introduzione della cassa integrazione straordinaria, e di altre misure a sostegno dei lavoratori hanno permesso di evitare il peggio, almeno per ora. Tali misure sono state messe in campo già con il decreto Cura Italia che è entrato in vigore a marzo 2020, nel quale erano contenuti diversi provvedimenti di emergenza.
Nel testo del decreto pubblicato in Gazzetta Ufficiale leggiamo infatti che con il DL Cura Italia l’esecutivo provvedeva ad introdurre “misure urgenti di sostegno per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da covid-19”.
E ancora: “le disposizioni introdotte mirano ad assicurare un primo necessario supporto economico ai cittadini e alle PMI italiane che affrontano problemi di liquidità finanziaria a causa dell’emergenza sanitaria internazionale dichiarata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e agli episodi di diffusione del virus verificatisi nel nostro Paese”.
Pmi italiane in crisi: l’analisi contenuta nel Rapporto Cerved PMI 2020
Non era difficile prevedere che i dati riguardanti lo stato di salute delle Piccole e medie imprese italiane sarebbero stati molto negativi. Inoltre anche le prospettive per il 2021 non sono delle migliori, sia per via degli effetti delle misure restrittive imposte fino ad oggi, che per gli effetti delle restrizioni che verranno imposte nei mesi a seguire.
Si respira ancora un clima di profonda incertezza, che si ripercuote non solo sulle PMI naturalmente, ma anche sui lavoratori e di conseguenza sulle famiglie italiane. Tra l’altro la situazione in cui versa l’imprenditoria italiana non è frutto solo delle scellerate imposizioni dell’attuale esecutivo, la cui efficacia dal punto di vista del contenimento del contagio resta tutta da dimostrare, ma anche del precario stato di salute in cui le PMI versavano già nel 2019.
Secondo le analisi condotte nel Rapporto Cerved PMI 2020, le restrizioni anti-Covid che hanno distrutto le Pmi italiane sono arrivate alla fine di un decennio di lenta ripresa che si sarebbe peraltro interrotto già nel 2018. Stando ai dati del rapporto scopriamo che solo nel 2019 i ricavi reali delle Pmi avevano colmato la distanza finanziaria dal 2007 con un +2%.
Per le Pmi calo di redditività lorda e netta
Il Margine Operativo Lordo (MOL) delle Pmi risulta fermo dal 2013, e questo significa che in risposta al danno economico causato dalle misure restrittive anti-Covid, le imprese saranno costrette a ridurre i costi operativi. Questo a sua volta produrrà un calo della redditività lorda intorno al -19%, e della redditività netta del -6,6%.
Insomma le Pmi in Italia erano già messe non particolarmente bene prima dell’emergenza Covid-19, e questo chiaramente non ne favorirà la ripresa in tempi migliori, che peraltro non appaiono ancora all’orizzonte.
Secondo i dati dell’ISTAT, se prendiamo in considerazione il periodo compreso tra il marzo e l’aprile del 2020, più del 70% delle PMI italiane ha visto un dimezzamento oppure una significativa riduzione del fatturato, compresa quindi tra il -10% ed il -50%.
Il problema dei mancati incassi delle PMI
Questo dato, tra l’altro di per sé già molto preoccupante, non può che apparire ancor più drammatico se si tiene conto del fatto che una consistente fetta di quanto fatturato non è coperta da effettivi incassi.
Che cosa significa esattamente? Significa semplicemente che una parte delle fatture emesse dalle Pmi, che quindi dovrebbero indicare gli incassi, in realtà non hanno prodotto alcun incasso.
Anche qui abbiamo dei dati molto preoccupanti, che mostrano in modo evidente la situazione dei mancati pagamenti delle PMI, con picchi massimi (in negativo) raggiunti durante i mesi di lockdown, quando la percentuale di fatture emesse ma non pagate si aggirava tra il 45% ed il 70%, contro la media del 29% del periodo pre-Covid.
In parole povere possiamo dire che nelle fasi più acute dell’emergenza Covid-19 il 70% delle PMI ha fatturato fino al 50% in meno, incassando di fatto dal 55% al 30% di quanto fatturato.
Questo naturalmente va ad incidere pesantemente sulla liquidità patrimoniale delle imprese, con settori in cui abbiamo un’incidenza mediamente più preoccupante, come nel caso delle imprese che operano nel settore del turismo e della ristorazione appunto, che a settembre 2020 sono arrivate ad una percentuale di mancati pagamenti dell’80%.
Inoltre dal Rapporto Cerved 2020 evinciamo che sulla totalità delle Pmi italiane, nel 2020 si è registrato un calo che si attesta mediamente intorno al -12,8%. Nel 2021 le cose non andranno poi molto meglio, visto che si prevede un calo del fatturato del -11,2%, con una perdita totale stimata intorno a 227 miliardi di euro nel biennio.
Quali sono gli scenari che dobbiamo aspettarci per il 2021?
Il futuro non si prospetta affatto roseo, questo è chiaro, soprattutto in considerazione del fatto che la pandemia è tutt’altro che alle nostre spalle, e con il persistere del Coronavirus l’attuale esecutivo, come molti altri in Europa, continuerà a portare avanti una politica di restrizioni che definire fortemente penalizzante per le Pmi significa usare un eufemismo.
Le previsioni insomma non sono incoraggianti, il che viene confermato anche dal report del Barometro Censis-Commercialisti sull’andamento dell’economia italiana. Secondo questo rapporto circa 460.000 Pmi in Italia rischiano di chiudere per colpa delle misure restrittive imposte dall’esecutivo nell’ambito dell’emergenza sanitaria Covid-19.
Cosa succederà quindi nel 2021? Secondo alcuni analisti per le PMI italiane si profilano comunque alcuni spiragli di miglioramento. Il Rapporto Cerved 2020 in particolare prevede una ripresa più repentina nell’ambito dei processi di patrimonializzazione delle aziende, attraverso i quali si è tentato di rafforzare la sostenibilità delle Piccole e medie imprese.
Gli effetti sulle Pmi del decreto Cura Italia
Il decreto Cura Italia è stato emanato per provare a fornire un sostegno concreto alle Pmi in crisi per via delle misure restrittive imposte dall’esecutivo nell’ambito dell’emergenza sanitaria Covid-19. Nello specifico il DL Cura Italia si poneva l’obiettivo di favorire la liquidità delle imprese, attraverso un abbattimento dei tassi d’interesse e con un intervento sul peso dei debiti finanziari.
Una serie di misure che vengono introdotte con il decreto a partire dal 17 marzo 2020, destinate a diverse categorie di lavoratori e di imprese che sono state maggiormente colpite dalla crisi economica. Gli interventi che il decreto Cura Italia ha introdotto per sostenere le Pmi sono quindi i seguenti:
- Accesso agevolato al Fondo di garanzia PMI, con un importo massimo concesso che viene portato fino a 5 milioni di euro
- Concessione di proroghe e revoche sui mutui e sui prestiti per professionisti e Pmi con l’obiettivo di agevolare l’accesso al capitale liquido da parte delle imprese
- Introduzione di un bonus per la sanificazione degli ambienti di lavoro necessaria per adempiere alle nuove misure di contenimento, e di un bonus per il credito d’imposta riservato alle quote di locazione per botteghe e negozi
- Stanziamento di 50 milioni di euro a titolo di incentivo per le piccole e medie imprese che avessero deciso di riconvertire nella produzione di sistemi di produzione individuale quali mascherine, tute protettive, camici e occhiali.
A fronte delle misure introdotte con il decreto Cura Italia, per le PMI non si registrano particolari effetti positivi, ma un dato interessante riguarda l’indice di resilienza. Le piccole e medie imprese italiane infatti avrebbero acquisito un indice di resilienza in grado di determinare livelli di solidità finanziaria sostenibili anche nel lungo periodo.
In questo modo si vanno quindi a consolidare i fondamenti finanziari sulla base dei quali le Pmi possono accedere a finanziamenti, e di conseguenza si permette ad alcune aziende di andare ad investire aumentando in questo modo le possibilità di uscire dalla crisi. È chiaro però che alle aziende che hanno deciso di rischiare e di investire deve essere poi permesso di lavorare, cosa che invece, come vediamo anche adesso, i vari Dpcm non fanno.
Le Pmi italiane verso digitalizzazione e sostenibilità
Non è la prima volta che si parla della pandemia di Covid-19 come di una opportunità di cambiamento per le imprese italiane, ma non solo. Si è parlato in più occasioni del grande reset ad esempio, che nell’agenda del World Economic Forum dovrebbe produrre un radicale cambiamento di paradigma economico-sociale nei Paesi industrializzati.
Ma senza allontanarci troppo dall’argomento centrale che è quello delle prospettive per le Pmi italiane nel prossimo futuro, diciamo che le Pmi italiane si troveranno di fronte all’avvio di un cambiamento epocale nelle politiche aziendali.
Mentre gli effetti dei vari lockdown nazionali sono stati devastanti per la stragrande maggioranza delle Pmi, tanto in Italia quanto nel resto d’Europa, per alcune imprese, ed in particolare per quelle operanti nell’e-commerce, si è trattato di una ricca opportunità di guadagni facili.
Con l’obbligo di chiusura di moltissimi esercizi commerciali fisici, la domanda dei cittadini è stata soddisfatta dai negozi virtuali, ed i consumi sono stati facilmente dirottati sui vari siti di e-commerce a cominciare ovviamente dal colosso di Jeff Bezos, Amazon. Una parte delle imprese italiane si è vista quindi costretta a puntare anche sul commercio online, inserendo apposite sezioni per permettere acquisti virtuali e in sintesi a scommettere sulla digitalizzazione.
Le Pmi italiane quindi hanno imboccato quel percorso di resilienza trasformativa che dovrebbe permettere loro di risollevarsi dopo la pesante crisi economica causata dalle restrizioni imposte dall’esecutivo.
Un processo tutt’altro che semplice e comunque non immediato, del quale parla anche il professor Rosario Faraci, insegnante di economia e gestione delle imprese all’Università di Catania, che si colloca nel quadro di quella che definisce Quarta Rivoluzione Tecnologica. Ed è proprio in questo ambito che saranno necessarie politiche e interventi innovativi in grado di spingere in questa direzione le Pmi all’indomani dell’emergenza.
Faraci ha spiegato che “da un lato la resilienza per rimarcare la capacità di saper tornare al punto di partenza dopo l’urto violento del Covid-19, dall’altro le politiche trasformative capaci di coniugare l’innovazione con la ripresa economica e capaci di fare qualcosa di nuovo e diverso rispetto all’esistente”.
Per cogliere quella che alcuni analisti chiamano ‘opportunità’ le Pmi dovranno seguire la strada della Quarta Rivoluzione Tecnologica, o Industria 4.0, ma per farlo avranno bisogno di riconvertire il proprio business in termini di digital transformation, sostenibilità ed economia circolare.
L’importanza delle proroghe delle misure contenute nel decreto Cura Italia
Per favorire la ripresa economica delle Pmi le misure contenute nel decreto Cura Italia sono state prorogate. La scadenza iniziale, che era stata fissata al 31 gennaio 2021, è stata infatti spostata fino al 30 giugno 2021.
Non solo sono state prorogate, ma quelle disposizioni che sono state introdotte con il decreto Cura Italia sono anche state potenziate. Vediamo come:
- Per i micro prestiti da 30.000 euro accessibili attraverso le garanzie statali al 100% con il fondo PMI, si passa da 10 a 15 anni di interessi
- Non è previsto alcun accesso al Fondo PMI per le Mid Cap, ma queste potranno usufruire della garanzia SACE per prestiti fino a 5 milioni di euro, con una copertura del finanziamento al 90%.
- Le PMI possono chiedere la sospensione delle rate per mutui e prestiti attraverso la moratoria straordinaria valida fino al 30 giugno 2021
- Alle PMI viene permesso l’accesso all’assicurazione SACE per ottenere garanzie a protezione di finanziamenti preesistenti con scadenza valida fino al 30 giugno 2021.
La possibilità di accedere alle agevolazioni messe in campo con il decreto Cura Italia riguarda anche le imprese che svolgono attività finanziaria. Queste possono anche accedere alla moratoria straordinaria del Fondo di garanzia pensato per le Piccole e medie imprese italiane. Le richieste dovranno essere fatte a mezzo PEC o usando altri strumenti tracciabili con data certa.
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